Nota a Cass. 7 febbraio 2018, n. 2964; Cass. 13 febbraio 2018, n. 6934; Cass. 9 aprile 2018, n. 15786.
Flavia Durval
I) Pregiudizio patrimoniale per omissione contributiva e prescrizione del diritto al versamento dei contributi.
“L’omissione della contribuzione produce un duplice pregiudizio patrimoniale a carico del prestatore di lavoro, consistente, da un lato, dalla perdita, totale o parziale, della prestazione previdenziale pensionistica, che si verifica al momento in cui il lavoratore raggiunge l’età pensionabile, e, dall’altro, dalla necessità di costituire la provvista necessaria ad ottenere un beneficio economico corrispondente alla pensione, attraverso una previdenza sostitutiva, eventualmente pagando quanto occorre a costituire la rendita di cui all’art. 13 della legge 12 agosto 1962, n. 1338. Ne consegue che le situazioni giuridiche soggettive di cui può essere titolare il lavoratore, nei confronti del datore di lavoro, consistono, una volta raggiunta l’età pensionabile, nella perdita totale o parziale della pensione che dà luogo al danno risarcibile ex art. 2116 cod. civ., mentre, prima del raggiungimento dell’età pensionabile e del compimento della prescrizione del diritto ai contributi, nel danno da irregolarità contributiva, a fronte del quale il lavoratore può esperire un’azione di condanna generica al risarcimento del danno ex art. 2116 cod. civ., ovvero di mero accertamento dell’omissione contributiva quale comportamento potenzialmente dannoso” (Cass.7 febbraio 2018, n. 2964; v. anche Cass. n. 1179\2015).
II) Crisi dell’impresa e reato di omesso versamento di ritenute previdenziali ed assistenziali relative ai dipendenti.
“Il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti (art. 2, D.L. n. 463/1983, conv. in L. n. 638/1983) è integrato, siccome è a dolo generico, dalla consapevole scelta di omettere i versamenti dovuti, sicché non rileva, sotto il profilo dell’elemento soggettivo, la circostanza che il datore di lavoro attraversi una fase di criticità e destini risorse finanziarie per far fronte a debiti ritenuti più urgenti”.
In questo senso si è espressa la giurisprudenza consolidata (v. Cass. 13 febbraio 2018, n. 6934; Cass. n. 3705/2013), la quale ha, del pari, affermato che qualora il datore di lavoro voglia dimostrare l’assoluta impossibilità di provvedere ai pagamenti omessi deve allegare e provare la non addebitabilità della crisi economica che ha investito l’impresa e l’impossibilità di fronteggiare la crisi di liquidità che ne sia conseguita tramite il ricorso a misure idonee da valutarsi in concreto (v. Cass. n. 43599/2015; Cass. n. 8352/2014). “Per escludere la volontarietà della condotta è, dunque, necessaria la dimostrazione della riconducibilità dell’inadempimento alla obbligazione verso l’ente previdenziale a fatti non imputabili all’imprenditore, che non abbia potuto tempestivamente porvi rimedio per cause indipendenti dalla sua volontà e che sfuggono al suo dominio finalistico” (Cass. n. 8352 /2014; Cass. n. 5905/2014; Cass. n. 5467/2013).
Inoltre, il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali (a dolo generico ed integrato dalla consapevole scelta di omettere i versamenti dovuti) “è ravvisabile anche qualora il datore di lavoro, in presenza di una situazione di difficoltà economica, abbia deciso di dare preferenza al pagamento degli emolumenti ai dipendenti ed alla manutenzione dei mezzi destinati allo svolgimento dell’attività di impresa, e di pretermettere il versamento delle ritenute all’erario, essendo suo onere quello di ripartire le risorse esistenti all’atto della corresponsione delle retribuzioni in modo da adempiere al proprio obbligo contributivo, anche se ciò comporta l’impossibilità di pagare i compensi nel loro intero ammontare” (così, Cass. 9 aprile 2018, n. 15786, in conformità, Cass. n. 43811/2017).
III) Imprese collettive e versamento di contributi
Nelle imprese collettive, l’obbligo del versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate dal datore di lavoro sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti grava sul soggetto che, “secondo il tipo e l’organizzazione ha la responsabilità dell’impresa stessa o della singola unità produttiva, non assumendo effetto scriminante la circostanza che la designazione sia fittizia” (Cass. n. 15786/2018; n. 24938/2005). Nelle società in accomandita semplice tale potere spetta al socio accomandatario al quale è stata conferita l’amministrazione della società e, quindi, la rappresentanza nei rapporti con i terzi.
La fattispecie riguardava una società in accomandita semplice ed i giudici di merito avevano affermato la responsabilità del socio accomandatario.
La Corte territoriale ha desunto la sussistenza del dolo, quantomeno nella forma del dolo eventuale, in capo a tale soggetto sul presupposto che egli era “rimasto inerte, nonostante la notifica dell’accertamento, da parte dell’INPS, delle violazioni contributive”. Secondo i giudici di legittimità, tale motivazione è errata, “in quanto il dolo, con riferimento al reato in esame, deve sussistere al momento della condotta omissiva, e non può essere sopperito dalla successiva conoscenza delle violazioni, già consumate, a seguito della notifica dell’avviso di accertamento dell’INPS, che rileva unicamente per consentire l’eventuale ravvedimento operoso del soggetto fino a quel momento inadempiente”. Pertanto, la sentenza, sul punto è stata annullata con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte d’appello di Torino.
IV) Il diritto del lavoratore alle prestazioni previdenziali ed assistenziali viene meno soltanto quando si prescrive il diritto degli istituti previdenziali al versamento dei contributi omessi. Prima del maturarsi della prescrizione il lavoratore può intentare soltanto un’azione indiretta tendente a: “a) sollecitare (all’epoca) l’azione penale con la denunzia per omissione contributiva; b) affermare con pronunzia di accertamento l’obbligo del datore di lavoro al versamento dei contributi; c) ottenere la condanna del datore di lavoro al pagamento degli importi versati dal lavoratore in sostituzione di lui, ai sensi dell’art 13 della legge 12 agosto 1962 n. 1338; d) cautelarsi con la condanna generica del datore di lavoro al risarcimento del danno, come mezzo per iscrivere ipoteca sui beni dello stesso” (v. Cass. n. 2964/2018 e, fra tante, Cass. n. 3790/1988 e Cass. n. 472/1985).