Il diritto del datore di lavoro di utilizzazione esclusiva del programma o della banca dati, nel caso in cui l’opera sia riferibile all’esercizio delle mansioni o creata a seguito di istruzioni impartite dallo stesso datore, legittima l’azione a tutela dei diritti di utilizzazione dell’opera da parte dell’autore e non quella generale di arricchimento.
Nota a Cass. (ord.) 9 aprile 2018, n. 8694
Annarita Lardaro
Il legislatore protegge i programmi per elaboratore come opere letterarie (ai sensi dell’art. 1 L. n. 633/1941, come mod. dall’art. 1 D.LGS. n. 518/1992); sicché, “in linea generale, la loro creazione attribuisce all’autore il diritto esclusivo di utilizzare l’opera, anche a fini economici, ai sensi degli artt. 64 bis, 64 ter e 64 quater della stessa legge, inseriti dall’art. 5 del richiamato decreto legislativo in attuazione della direttiva 91/250/CEE relativa alla tutela giuridica del software”.
L’art. 12 bis, L. n. 633/1941, tuttavia, deroga a tale principio generale, attribuendo al datore di lavoro il “diritto di utilizzazione esclusiva del programma per elaboratore o della banca di dati creati dal lavoratore” a condizione che l’opera sia riferibile all’esercizio delle sue mansioni o sia stata creata a seguito di istruzioni impartite dallo stesso datore.
Laddove, invece, non sussistano i presupposti richiesti dalla norma derogatoria torna ad espandersi la disciplina di carattere generale e, quindi, l’autore potrà porre in essere le azioni previste dagli artt. 156 ss. della L. n. 633/1941 e, in particolare, potrà agire ex art. 158. Tale disposizione, nel testo antecedente alle modifiche apportate dal D.LGS. n. 140/2006, non applicabile alla fattispecie ratione temporis, disponeva che «chi venga leso nell’esercizio di un diritto di utilizzazione economica a lui spettante può agire in giudizio per ottenere che sia distrutto o rimosso lo stato di fatto da cui risulta la violazione o per ottenere il risarcimento del danno».
Attualmente, la norma recita: “1. Chi venga leso nell’esercizio di un diritto di utilizzazione economica a lui spettante può agire in giudizio per ottenere, oltre al risarcimento del danno, che, a spese dell’autore della violazione, sia distrutto o rimosso lo stato di fatto da cui risulta la violazione. 2. Il risarcimento dovuto al danneggiato è liquidato secondo le disposizioni degli articoli 1223, 1226 e 1227 del codice civile. Il lucro cessante è valutato dal giudice ai sensi dell’articolo 2056, secondo comma, del codice civile, anche tenuto conto degli utili realizzati in violazione del diritto. Il giudice può altresì liquidare il danno in via forfettaria sulla base quanto meno dell’importo dei diritti che avrebbero dovuto essere riconosciuti, qualora l’autore della violazione avesse chiesto al titolare l’autorizzazione per l’utilizzazione del diritto. 3. Sono altresì dovuti i danni non patrimoniali ai sensi dell’ articolo 2059 del codice civile”.
In questo quadro, secondo i giudici, il ricorrente (ASL di Taranto), anche ammettendo che l’opera intellettuale (ideazione di un programma in occasione di una ricerca epidemiologica sugli aventi diritto all’esenzione dal ticket) fosse stata realizzata al di fuori dell’orario e del rapporto di lavoro, “avrebbe dovuto agire ai sensi della normativa sopra richiamata, che tutela, appunto, i diritti di utilizzazione dell’autore, e non ricorrere, inammissibilmente, all’azione generale di arricchimento” di cui all’art. 2041 c.c.
Tale azione, infatti, “ha natura complementare e sussidiaria, potendo essere esercitata solo quando manchi un titolo specifico sul quale possa essere fondato un diritto di credito, con la conseguenza che il giudice, anche d’ufficio, deve accertare che non sussista altra specifica azione” (in questo senso, Cass. n. 17317/2012; Cass. S.U. n. 24772/2008).