La dichiarazione di idoneità a ricoprire incarichi dirigenziali, non equivale all’attribuzione di uno specifico incarico
Nota a App. Ancona 16 marzo 2018, n. 71 (conforme a App. Ancona, 20 aprile 2017)
Maria Novella Bettini
La verifica professionale del dirigente medico da parte del Collegio tecnico (preposto a tale verifica in forza dell’art. 26 ccnl 3 novembre 2005 area Medica e Veterinaria) con riferimento al primo quinquennio di servizio equivale ad una “mera dichiarazione di idoneità a ricoprire incarichi dirigenziali, senza tuttavia l’attribuzione di uno specifico incarico dirigenziale”.
È quanto affermato dalla Corte di Appello di Ancona 16 marzo 2018, n. 71 (giudice rel., M. Paganelli, Pres., E. Cetro).
Ciò, in quanto i criteri e le procedure di conferimento degli incarichi dirigenziali, disciplinati dall’art. 28 del citato ccnl 8 giugno 2000, non soltanto fanno riferimento ad incarichi “conferibili” (relativamente ad incarichi di direzione di struttura semplice ovvero di natura professionale anche di alta specializzazione, di consulenza, di studio e ricerca, ispettivi, di verifica e di controllo previsti dall’art. 27, co. 1 lett. b) e c) ccnl, cit.), “ma indicano chiaramente che il conferimento di un diverso incarico dirigenziale non costituisce automatico ed obbligatorio effetto della valutazione positiva da parte del Collegio tecnico al compimento dei cinque anni”. L’attribuzione del suddetto incarico è, infatti, “necessariamente legata all’assetto organizzativo ed alla preliminare individuazione, a prescindere dalle situazioni individuali dei singoli dirigenti, degli incarichi dirigenziali conferibili e della relativa graduazione delle funzioni”.
A conferma, l’art. 28, co. 3, ccnl cit., in base al quale ai dirigenti, dopo cinque anni di attività, sono conferibili gli incarichi di struttura semplice o professionali, non manca di precisare, al successivo co. 4, che “Per quanto riguarda gli incarichi di direzione di struttura semplice essi sono conferiti nei limiti del numero stabilito nell’atto aziendale. Nell’attesa si considerano tali tutte le strutture alle quali anche provvisoriamente l’azienda riconosca le caratteristiche di cui all’art. 27 comma 7”.
In sintesi, “la posizione del dipendente non ha la consistenza piena del diritto soggettivo posto che l’interesse del dipendente è limitato al corretto esercizio del potere discrezionale da parte della Azienda sanitaria regionale”.
La legge delinea, dunque, una “connotazione ampiamente discrezionale” del potere della Amministrazione di scelta del numero dei posti destinati a tali funzioni e dei tempi di conferimento, nel limite della disponibilità degli incarichi e di individuazione degli incarichi dirigenziali “in funzione delle esigenze operative e di bilancio nonché delle modalità di prestazione dei servizi da essa Azienda sanitaria stabiliti”. In tale ottica, si veda l’art. 15, co. 4, D.LGS. n. 502/1992 il quale stabilisce che, al compimento del quinto anno, gli incarichi superiori devono essere attribuiti “in relazione alla natura e alle caratteristiche dei programmi da realizzate”, vale a dire con criteri di discrezionalità ribaditi dalla disposizione dell’art. 15-ter dello stesso D.LGS., ove si prevede che “gli incarichi di cui all’articolo 15, co. 4, sono attribuiti, a tempo determinato, dal direttore generale, secondo le modalità definite nella contrattazione collettiva nazionale, compatibilmente con le risorse finanziarie a tal fine disponibili e nei limiti del numero degli incarichi e delle strutture stabiliti nell’atto aziendale” (atto previsto dall’art. 3, co. 1-bis, D.LGS. n. 502/1992, che ha una “connotazione essenzialmente organizzativa”).
I giudici si uniformano a quanto disposto dalla Corte di Cassazione (26 giugno 2013 n.16097), secondo cui: “In tema di impiego pubblico privatizzato, l’utile inserimento nella graduatoria di un concorso per dirigente nell’amministrazione dello Stato non dà diritto, prima del conferimento del relativo incarico e della stipulazione del contratto individuale, al medesimo trattamento di chi rivesta la qualifica dirigenziale, atteso che il legislatore ha attribuito al datore di lavoro pubblico ampia potestà discrezionale sia nel non avvalersi di un determinato dipendente pur in possesso di tale qualifica, sia nella scelta dei soggetti ai quali conferire incarichi dirigenziali. Ne consegue che il dirigente aspirante all’incarico non vanta un diritto soggettivo pieno, bensì un interesse legittimo di diritto privato a conseguire l’incarico stesso, cosicché non può pretendere la retribuzione corrispondente alla qualifica dirigenziale”.
In questo quadro, la Corte di Appello di Ancona ha affermato che il blocco triennale (poi, quadriennale) dei trattamenti retributivi e delle progressioni di carriera, disposto in via d’urgenza in occasione della manovra economica del 2010 con il decreto “anticrisi” (co. 1 e 21, art. 9 – Contenimento delle spese in materia di impiego pubblico – del D.L. n. 78/2010, convertito in L. n. 122/2010; il blocco triennale è stato prorogato fino al 31 dicembre 2014 in forza del D.P.R. n. 122/2013, in attuazione dell’art. 16, co. 1, D.L. n. 98/2011, convertito con modificazioni in L. n. 111/2011), si applica anche ai dirigenti medici e non considera evento straordinario della dinamica retributiva la mera valutazione positiva di idoneità a conseguire incarichi dirigenziali (sopraggiunta in occasione del primo quinquennio di anzianità di servizio), qualora ad essa non si accompagni l’effettivo conferimento di diverso incarico dirigenziale.