Al fine di fruire di sgravi contributivi, il professionista intellettuale può essere considerato imprenditore solo se si organizza in forma di azienda.
Nota a Trib. Reggio Calabria, sez. lav., 13 marzo 2018, n. 425
Gennaro Ilias Vigliotti
Nella normativa sugli sgravi contributivi previdenziali ed assistenziali, rileva la nozione di impresa in rapporto a quella di libero professionista. Ciò, ad esempio, con riguardo all’ultima ipotesi contemplata dalla L. 29 dicembre 1990, n. 407, art. 9, co. 8 (v. infra), che non fa riferimento ai datori di lavoro, bensì alle imprese, affermando che per quelle operanti nei territori del Mezzogiorno lo sgravio contributivo previdenziale ed assistenziale è del 100% per 36 mesi.
Ai fini della individuazione dei soggetti aventi diritto allo sgravio contributivo totale di cui sopra, il Tribunale di Reggio Calabria 13 marzo 2018, n. 425 – (giudice Arturo D’Ingianna) si è soffermato sulla nozione d’impresa e sulla questione se i liberi professionisti possano essere compresi in tale nozione.
Al riguardo, il Collegio osserva che “la linea discretiva tra studio professionale ed azienda è netta e trova un radicamento nell’art. 2238 c.c. (ai cui sensi il professionista intellettuale diventa imprenditore solo in quanto svolga un’ulteriore attività, diversa da quella intellettuale e definibile, in sè considerata, come attività d’impresa: ulteriore attività rispetto alla quale l’esercizio della professione si ponga quale semplice elemento)”.
Pertanto, anche gli studi professionali possono essere organizzati in forma di azienda “ogni qualvolta al profilo personale dell’attività svolta si affianchino un’organizzazione di mezzi e strutture, un numero di titolari e dipendenti ed un’ampiezza di locali adibiti all’attività, tali che il fattore organizzativo e l’entità dei mezzi impiegati sovrastino l’attività professionale del titolare, o quanto meno si pongano, rispetto ad essa, come entità giuridica dotata di una propria rilevanza strutturale e funzionale che, seppure non separata dall’attività del titolare, assuma una rilevanza economica” (Così, Cass. n. 28312/2011).
La Cassazione ha altresì precisato, relativamente al titolare di uno studio professionale che aveva chiesto lo sgravio contributivo di cui alla L. n. 448/1998, che sono da considerarsi imprenditori, secondo l’art. 2082 c.c., coloro che esercitano professionalmente un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi; e che non è consentito – “in presenza di una normativa di stretta interpretazione, siccome derogatoria alla generale sottoposizione alle obbligazioni contributive”- accedere ad una nozione di impresa che comprenda anche soggetti che esercitino una professione intellettuale pur eventualmente avvalendosi di una struttura autonomamente organizzata (art. 2229 c.c.) (v. Cass. n. 8258/ 2010).
La Corte non ritiene applicabile al caso in esame relativo agli sgravi contributivi (Cass. n. 18710/2013), nell’ambito cioè di una normativa di stretta interpretazione (derogatoria alla generale sottoposizione alle obbligazioni contributive), la giurisprudenza della Corte Europea di Giustizia che (per non falsare il mercato), esclude in numerose decisioni (riferite alle regole comunitarie della concorrenza) una distinzione tra “impresa” e “libera professione”, facendo rientrare nel novero delle imprese “qualsiasi attività che consista nell’offrire beni o servizi su un determinato mercato a prescindere dallo status giuridico della detta entità e dalle sue modalità di finanziamento” (v. Corte di Giustizia UE 19 febbraio 2002, C-309/99, punto 46; 23 aprile 1991, C-41/90, punto 21; 16 novembre 1995, C-244/94, punto 14, e 11 dicembre 1997, C-55/96, punto 21; 16 giugno 1987, C-118/85, punto 7, e 18 giugno 1998, C-35/96, punto 36).
Secondo il Tribunale, infatti, il mancato riconoscimento di detti sgravi anche al libero professionista altera la concorrenza solo quando quest’ultimo abbia organizzato la propria attività con un supporto organizzativo tale che l’entità dei mezzi impiegati sovrasti l’attività professionale del titolare (v. Cass. n.18710/2013).
Nella fattispecie esaminata dalla Corte di merito, era stata presentata un’azione giudiziale svolta avverso un avviso bonario nel quale l’Inps aveva richiesto il pagamento di contribuzione, non avendo riconosciuto il diritto allo sgravio di cui alla L. n. 407/90, art 8, co. 9, come impresa da cui emergono debiti contributivi. I giudici hanno affermato che l’attività in questione era caratterizzata da natura imprenditoriale. Il ricorrente, infatti, occupava 4 dipendenti e nella sua attività si poteva riscontrare “non solo la presenza di redditi ed economicità dell’attività ma la presenza di un fattore organizzativo rilevante e articolato da concorrere con l’esercizio della professione e dare luogo ad un risultato produttivo unitario caratterizzato da reddito. E quindi da impresa”.