Il datore di lavoro deve contestare i fatti addebitati al dipendente non appena ne venga a conoscenza e gli stessi appaiano ragionevolmente sussistenti.
Nota a Cass. 29 marzo 2018, n. 7839
Francesco Belmonte
“La tempestività della contestazione deve essere valutata partendo dal momento dell’avvenuta conoscenza da parte del datore di lavoro della situazione contestata e non dell’astratta percettibilità o conoscibilità dei fatti stessi.”
Lo ha stabilito la Cassazione (29 marzo 2018, n. 7839) in relazione a condotte commesse da un dipendente bancario tra il 2012 ed il 2013 – di intestazione fittizia di carte prepagate; di destinazione dei relativi importi ad un suo parente (cliente della banca medesima) e di “retrodatazione delle valute di accredito di tre emolumenti stipendiali”- tali da pregiudicare irrimediabilmente il vincolo fiduciario connesso al rapporto di lavoro ed idonee, pertanto, ad integrare una giusta causa di licenziamento e contestate nel 2014.
L’istituto di credito era venuto a conoscenza dei fatti addebitati soltanto a seguito di una complessa indagine ispettiva – attivata contestualmente alla presentazione di un reclamo (nel maggio 2013) da parte di un terzo – ed aveva conseguentemente contestato gli stessi dopo 4 mesi (nel gennaio 2014).
Per il lavoratore, il lasso temporale intercorso tra la conclusione dell’indagine e la formare contestazione disciplinare era tale da violare il principio di tempestività e, in via di derivazione, le previsioni di cui agli artt. 1175 c.c. (“comportamento secondo correttezza”) e 1375 c.c. (“esecuzione di buona fede”).
Invece, i giudici di merito escludevano che la contestazione delle infrazioni potesse ritenersi tardiva; “ciò in quanto, se alcuni fatti erano più risalenti nel tempo, altri risultavano prossimi alla determinazione datoriale di accertamento e contestazione che faceva seguito al reclamo di un terzo; il controllo ispettivo, cioè, astrattamente eseguibile anche prima, non aveva rappresentato, nel passato, un adempimento esigibile in ragione del vincolo fiduciario cui era improntato il rapporto di lavoro, mentre lo era divenuto in prossimità della contestazione quando, denunciati determinati episodi, si era reso necessario un approfondimento capillare e complesso” (App. Firenze n. 752/2015).
La Cassazione, in linea con le statuizioni della Corte territoriale, ha affermato che: la tempestività della contestazione disciplinare e del successivo licenziamento, poi, “la cui “ratio” riflette l’esigenza di osservanza della regola di buona fede e correttezza nell’attuazione dei rapporto di lavoro, devono essere intesi in senso relativo, potendo essere compatibili, in relazione al caso concreto e alla complessità dell’organizzazione del datore di lavoro, con un intervallo di tempo necessario per l’accertamento e la valutazione dei fatti contestati, così come per la valutazione delle giustificazioni fornite dal dipendente”(cfr., ex plurimis, Cass. n. 12712/2017, con nota di P. PIZZUTI, Le caratteristiche dell’immediatezza della contestazione disciplinare, in questo sito; Cass. n. 281/2016 e Cass. n. 20121/2015).
Pertanto, il lasso temporale intercorso nella fattispecie, tra la conoscenza delle condotte addebitate e la contestazione delle stesse, “appare congruo a contemperare, da un lato, la esigenza di una adeguata ponderazione dei fatti, nell’interesse dello stesso lavoratore, dall’altro quella di consentire al lavoratore una adeguata difesa” (in tale linea, v. Cass. n. 9838/2017, con nota di A. TAGLIAMONTE, Immediatezza della contestazione disciplinare, sospensione cautelare e licenziamento, in questo sito; per approfondimenti circa la tempestività della contestazione disciplinare, v. l’Indirizzo Operativo: M. N. B., Immediatezza ed immutabilità della contestazione disciplinare, in questo sito).