L’inabilità è il presupposto del diritto alla pensione di riversibilità del figlio maggiorenne.
Nota a Trib. Teramo, 20 marzo 2018, n. 218
Flavia Durval
“Nel caso di morte del pensionato o dell’assicurato, sempre che per quest’ultimo sussistano, al momento della morte, le condizioni di assicurazione e di contribuzione di cui all’articolo 9, n. 2, lettere a), e b), spetta una pensione al coniuge e ai figli superstiti che, al momento della morte del pensionato o dell’assicurato, non abbiano superato l’età di 18 anni e ai figli di qualunque età riconosciuti inabili al lavoro e a carico del genitore al momento del decesso di questi” (art. 13, co.1, R.D. 14 aprile 1939, n. 363, e successive modifiche ed integrazioni).
Pertanto, in caso di morte del titolare di pensione di invalidità, la relativa pensione di reversibilità spetta al coniuge e ai figli minorenni, mentre ai figli superstiti maggiorenni spetta soltanto se essi siano riconosciuti inabili al lavoro e a carico del genitore al momento del decesso di quest’ultimo; l’inabilità al lavoro rappresenta, dunque, un presupposto del diritto alla pensione di reversibilità del figlio maggiorenne e, quindi, un elemento costitutivo dell’azione diretta ad ottenerne il riconoscimento (Cass. 10 febbraio 1998, n. 1367).
Il principio è ribadito da Trib. Teramo 20 marzo 2018, n. 218 (giudice, Dott.ssa Matalucci), il quale precisa che nell’ipotesi di soggetto maggiorenne, i requisiti di inabilità al lavoro e della vivenza a carico per il trattamento pensionistico di reversibilità devono sussistere al momento della morte del pensionato o dell’assicurato (v. Cass. 22 febbraio 1992, n. 2197 e Pret. Bergamo, 5 luglio 1995). “La norma, che prevede in favore dei figli maggiorenni e inabili al lavoro il diritto alla pensione di reversibilità solo ove il loro genitore prima del decesso provvedesse al loro sostentamento in maniera continuativa, si interpreta nel senso che il contributo economico continuativo del titolare della pensione al mantenimento del disabile non deve essere esclusivo e totale, essendo sufficiente che sia stato concorrente in misura rilevante e comunque prevalente; ne consegue che non costituisce ostacolo al conseguimento della pensione ai superstiti il possesso da parte dell’inabile di redditi propri inferiori a quelli richiesti dalla legge per il diritto alla pensione di inabilità” (Così, Cass. n. 14996/2007).
In base all’art. 13, R.D. n. 636/1939 (la previsione è stata modificata dalla L. 6 luglio 1939, n. 1272, in sede di conversione, sostituita dall’art. 2, L. 4 aprile 1952, n. 218 e, successivamente, dall’art. 22 L. 21 luglio 1965, n. 903. La Corte costituzionale – con sentenza 31 dicembre 1993, n. 495 – ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 22, n. 903/1965, nella parte in cui non prevede che la pensione di reversibilità sia calcolata in proporzione alla pensione diretta, integrata al trattamento minimo, già liquidata al pensionato o che l’assicurato avrebbe comunque diritto di percepire; successivamente, la norma è stata dapprima abrogata, a decorrere dal 16 dicembre 2009, dall’art. 2, co. 1, D.L. 22 dicembre 2008 n. 200, e poi ripristinata dall’art. 1, co. 2, D.LGS. 1 dicembre 2009, n. 179):
“nel caso di morte del pensionato o dell’assicurato, sempre che per quest’ultimo sussistano, al momento della morte, le condizioni di assicurazione e di contribuzione di cui all’articolo 9, n. 2, lettere a), e b), spetta una pensione al coniuge e ai figli superstiti che, al momento della morte del pensionato o dell’assicurato, non abbiano superato l’età di 18 anni e ai figli di qualunque età riconosciuti inabili al lavoro e a carico del genitore al momento del decesso di questi.
Tale pensione è stabilita nelle seguenti aliquote della pensione già liquidata o che sarebbe spettata all’assicurato a norma dell’articolo 12:
a) il 60 per cento al coniuge;
b) il 20 per cento a ciascun figlio se ha diritto a pensione anche il coniuge, oppure il 40 per cento se hanno diritto a pensione soltanto i figli.
Per i figli superstiti che risultino a carico del genitore al momento del decesso e non prestino lavoro retribuito, il limite di età di cui al primo comma è elevato a 21 anni qualora frequentino una scuola media professionale e per tutta la durata del corso legale, ma non oltre il 26° anno di età, qualora frequentino l’Università.
La pensione ai superstiti non può, in ogni caso, essere complessivamente né inferiore al 60 per cento, né superiore all’intero ammontare della pensione calcolata a norma dell’art. 12.
Se superstite è il marito, la pensione è corrisposta solo nel caso che esso sia riconosciuto invalido al lavoro ai sensi del primo comma dell’articolo 10 (La Corte costituzionale, con sentenza 30 gennaio 1980, n. 6, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente articolo, nella parte in cui stabilisce che “se superstite è il marito la pensione è corrisposta solo nel caso che esso sia riconosciuto invalido al lavoro ai sensi del primo comma dell’art. 10”).
Qualora non vi siano né coniuge né figli superstiti o, pure esistendo, non abbiano titolo alla pensione, questa spetta ai genitori superstiti di età superiore ai 65 anni che non siano titolari di pensione e alla data della morte dell’assicurato o del pensionato risultino a suo carico. In mancanza anche dei genitori la pensione spetta ai fratelli celibi e alle sorelle nubili superstiti che non siano titolari di pensione, sempre che al momento della morte del dante causa risultino permanentemente inabili al lavoro e a suo carico.
Ai fini del diritto alla pensione ai superstiti, i figli in età superiore ai 18 anni e inabili al lavoro, i figli studenti, i genitori, nonché i fratelli celibi e le sorelle nubili permanentemente inabili al lavoro, si considerano a carico dell’assicurato o del pensionato se questi, prima del decesso, provvedeva al loro sostentamento in maniera continuativa.
Il figlio riconosciuto inabile al lavoro a norma dell’articolo 39 del D.P.R. 26 aprile 1957, n. 818, nel periodo compreso tra la data della morte dell’assicurato o del pensionato e il compimento del 18° anno di età, conserva il diritto alla pensione di reversibilità anche dopo il compimento della predetta età.
La pensione spettante a norma del presente articolo ai genitori ed ai fratelli e sorelle è dovuta nella misura del 15% per ciascuno.
Nel caso di concorso di più fratelli e sorelle la pensione non può essere complessivamente superiore all’intero importo della pensione calcolata a norma dell’articolo 12”.