La valutazione delle sanzioni previste nel codice disciplinare, da parte del giudice, è imprescindibile, ma non è automaticamente vincolante, dovendo egli sempre valutare la gravità delle mancanze e la proporzionalità della sanzione rispetto ad esse.
Nota a Cass. (ord.) 16 aprile 2018, n. 9396
Flavia Durval
Nell’ipotesi di mancanza rilevante sotto il profilo disciplinare, il giudice deve accertare:
a) anzitutto se sussistano o meno delle fattispecie che consentono la risoluzione del rapporto di lavoro per giusta causa e per giustificato motivo; in tale passaggio logico, opera, per giurisprudenza consolidata, il principio secondo cui, per giustificare il licenziamento disciplinare, “i fatti addebitati devono rivestire il carattere di grave violazione degli obblighi del rapporto di lavoro, tale da lederne irrimediabilmente l’elemento fiduciario; la relativa valutazione deve essere operata con riferimento agli aspetti concreti afferenti alla natura ed alla qualità del singolo rapporto, alla posizione delle parti, al grado di affidamento richiesto dalle specifiche mansioni del dipendente, al nocumento eventualmente arrecato alla portata soggettiva dei fatti stessi, ossia alle circostanze del loro verificarsi, ai motivi e all’intensità dell’elemento intenzionale o di quello colposo “(cfr., fra tante, Cass. n. 13149/2016 e Cass. n. 25608/2014);
b) e, in mancanza di giusta causa o giustificato motivo, “il grado di divergenza della condotta datoriale dal modello legale e contrattuale legittimante, onde individuarne le conseguenze (reintegratorie o risarcitorie) applicabili”.
Tali valutazioni non sono vincolate dalle previsioni contenute nel codice disciplinare del contratto collettivo, poiché la condotta che integra una giusta causa, anche quando sia astrattamente corrispondente alla fattispecie tipizzata contrattualmente, deve essere sempre riconducibile alla nozione legale, “attraverso un accertamento in concreto della proporzionalità tra sanzione ed infrazione, anche sotto il profilo soggettivo della colpa o del dolo” (v. Cass. 5 aprile 2017, n. 8826).
In sostanza, la previsione nel contratto collettivo di mancanze disciplinari che comportano il licenziamento non vincola in maniera automatica il giudice, il quale deve sempre valutare la gravità delle mancanze e la proporzionalità della sanzione rispetto ad esse (v. Cass. 16 aprile 2018, n. 9339).