Il controllo, tramite investigatori privati, sullo svolgimento di attività personali del dipendente nel corso della prestazione lavorativa non viola gli artt. 2,3 e 4 Stat. Lav. e può legittimare il licenziamento del lavoratore.

Nota a Cass. 4 aprile 2018, n. 8373

Maria Novella Bettini

L’indagine effettuata da un’agenzia investigativa (incaricata dal datore di lavoro), la quale accerti che il dipendente durante il periodo in cui avrebbe dovuto svolgere la propria prestazione fuori dell’azienda, si era viceversa occupato di propri affari, legittima il licenziamento.

Tale controllo, infatti, non è volto a verificare le modalità di esecuzione della prestazione lavorativa, bensì unicamente a riscontrare l’osservanza dell’orario di lavoro e la “presenza al lavoro” durante l’orario stesso, nonché, in caso di assenza, la commissione di un illecito da parte del dipendente.

Il principio è sancito dalla Corte di Cassazione (4 aprile 2018, n. 8373), relativamente al caso di un lavoratore che svolgeva la propria attività non solo nei locali dell’azienda, ma anche esternamente; che era tenuto al rispetto dell’orario di lavoro di 37 ore settimanali; e che doveva attestare la propria presenza al lavoro con un’unica timbratura giornaliera del badge, effettuabile nell’arco della giornata, abitualmente all’uscita del lavoro. L’agenzia aveva accertato che, per 10 giorni, il dipendente non aveva rispettato l’orario giornaliero di lavoro e, durante lo stesso, al di fuori dell’ufficio, non aveva svolto alcuna attività lavorativa.

Il Collegio precisa che, nella fattispecie, il controllo svolto dagli investigatori rientrava nei poteri di controllo datoriale, era esercitato in luoghi pubblici e “non era diretto a verificare le modalità di adempimento dell’obbligazione lavorativa, bensì le cause dell’assenza del dipendente dal luogo di lavoro, concernenti appunto il mancato svolgimento dell’attività lavorativa da compiersi anche all’esterno della struttura aziendale”.

Tale controllo, osserva la Corte, può avvenire legittimamente anche in maniera occulta, senza che a ciò ostino né il principio di correttezza e buona fede nell’esecuzione dei rapporti, né il divieto di cui all’art. 4 Stat. Lav., riferito esclusivamente all’uso di apparecchiature per il controllo a distanza (Così, Cass. n. 16196/2009).

Non si configura inoltre una violazione degli artt. 2 e 3 Stat. Lav., i quali “operano esclusivamente con riferimento all’esecuzione della attività lavorativa in senso stretto, non estendendosi, invece, agli eventuali comportamenti illeciti commessi dal lavoratore in occasione dello svolgimento della prestazione che possono essere liberamente accertati dal personale di vigilanza o da terzi”. In particolare, l’art. 2, , nel limitare la sfera di intervento di persone preposte dal datore di lavoro alla tutela del patrimonio aziendale, non preclude a quest’ultimo di ricorrere ad agenzie investigative, purché queste:

a) non sconfinino nella vigilanza dell’attività lavorativa vera e propria riservata dall’art. 3 Stat. lav. direttamente al datore di lavoro e ai suoi collaboratori;

b) giustifichino il proprio intervento “non solo per l’avvenuta prospettazione di illeciti e per l’esigenza di verificarne il contenuto, ma anche in ragione del solo sospetto o della mera ipotesi che illeciti siano in corso di esecuzione” (in tal senso, Cass. n. 15867/2017 e n. 3590/2011; conformi anche Cass. n. 20433/2016 e Cass. n. 848/2015);

c) limitino l’intervento stesso agli atti illeciti del lavoratore non riconducibili al mero adempimento dell’obbligazione (v. Cass. n. 9167/2003).

Si veda anche Cass. n. 12489/2011, per cui l’utilizzo da parte del datore di lavoro di agenzie investigative, al fine di verificare la sussistenza di ipotetici comportamenti illeciti da parte di alcuni lavoratori, è ammissibile purché tale utilizzo sia strettamente finalizzato a tale indagine e non rivolto al mero controllo dell’adempimento della prestazione lavorativa.

Sulla liceità del controllo investigativo di un dipendente, addetto ai controlli sanitari sulla ristorazione fornita in stazione e sui treni, in merito a reiterate assenze dal posto di lavoro fraudolentemente registrate dal lavoratore, v. Cass. n. 4117/2017.

Con specifico riguardo all’art. 3 Stat. Lav., già Trib. Milano 29 ottobre 1981 aveva osservato che  la disposizione si riferisce ai controlli sull’attività lavorativa, ossia sui modi e sui tempi della prestazione oggetto del contratto, e non vieta perciò che siano accertate, in modo diverso da quello effettuato dal personale di sorveglianza, deviazioni nell’occasione del rapporto di lavoro, che rappresentano fatti chiaramente estranei al concetto di attività lavorativa; ne consegue la legittimità dei controlli effettuati da agenti investigatori e la configurabilità della giusta causa di licenziamento nelle irregolarità di cassa da essi accertate ad opera del dipendente.

 

Agenzia investigativa e accertamenti sull’osservanza dell’orario di lavoro
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