Nel pubblico impiego, si configura il diritto al trasferimento dalla sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere (ex art. 33, co. 5, L n. 104/1992) soltanto ove ricorra il requisito della vacanza del posto e ove il suddetto posto sia anche reso “disponibile” dalla decisione organizzativa della PA di coprire la vacanza medesima.

Nota a Cass. 14 maggio 2018, n. 11651

Gennaro Ilias Vigliotti

Il lavoratore che assista un familiare con handicap in situazione di gravità “ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede” (art. 33, co. 5, L. n. 104/1992).

A tale ultimo riguardo, la Corte Costituzionale ha precisato che la possibilità di applicazione della disposizione contenuta nell’art. 33, co. 5,  L. n. 104/1992 “può essere legittimamente preclusa da principi e da disposizioni che, per la tutela di rilevanti interessi collettivi, non consentano l’espletamento dell’attività lavorativa con determinate dislocazioni territoriali (v. sentenza n. 372/ 2002).

Ne consegue che il diritto di scelta della sede di lavoro più vicina al domicilio del soggetto da assistere non è assoluto e privo di condizione, poiché l’inciso “ove possibile” contenuto nell’art. 33, co. 5, postula un adeguato contemperamento degli interessi in conflitto ed il diniego del diritto medesimo ove esso risulti incompatibile con le esigenze economiche e organizzative del datore di lavoro, in quanto, in tal caso, “- segnatamente per quanto attiene ai rapporti di lavoro pubblico – potrebbe determinarsi un danno per la collettività”.

E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione (14 maggio 2018, n. 11651; in conformità v.  Cass. S.U. n. 6917/2015), la quale precisa che, nell’ambito del lavoro alle dipendenze della PA, il diritto di scegliere la sede di lavoro ovvero di essere trasferito alla sede più vicina al proprio domicilio postula, nel quadro del necessario bilanciamento dei contrapposti interessi, che il posto sia esistente, vacante (v. Cass. n. 16298/2015 e n. 18030/2014) e disponibile (v. Cass. n. 1396/2006).

La vacanza, in particolare, quale riflesso delle cd “piante organiche”, “esprime una mera potenzialità che assurge ad attualità soltanto con la decisione organizzativa della P.A. Vale a dire che spetta all’amministrazione pubblica, muovendo dal presupposto della vacanza, esprimere l’interesse concreto ed attuale di procedere alla sua copertura (in funzione dell’efficienza dell’amministrazione, della razionalizzazione del costo del lavoro pubblico e della migliore utilizzazione delle risorse umane, in conformità ai principi espressi dagli artt. 1, co. 1, e 6, D.LGS. n. 165/2001), rendendo per tal via disponibili posti scoperti nell’organico, pena la compressione delle esigenze organizzative della P.A. stessa (v. Cass. 1396/2006, cit. e Cass. S.U. n. 14529/2003).

L’onere di provare la sussistenza di ragioni organizzative, tecniche e produttive che impediscono l’accoglimento delle richieste del lavoratore grava sulla parte datoriale (v. Cass. n. 23857/2017 e Cass. SU. n. 7945/2008).

Circa l’individuazione della categoria di lavoratori che fruiscono del diritto all’assistenza di familiare con handicap in situazione di gravità, come noto, la L. n. 104/1992, rinvia al co. 3 dell’art. 33, secondo cui, purché il soggetto handicappato non sia ricoverato a tempo pieno, “il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti, ha diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa, anche in maniera continuativa” (art. 33, co. 3, L. n. 104/1992. In seguito alla sentenza della Corte Cost. n. 213/2016, il convivente è ora incluso tra i soggetti legittimati a fruire del permesso mensile retribuito per l’assistenza alla persona con handicap in situazione di gravità, in alternativa al coniuge, parente o affine entro il secondo grado).

Sempre in base all’art. 33, co. 3, “il predetto diritto non può essere riconosciuto a più di un lavoratore dipendente per l’assistenza alla stessa persona con handicap in situazione di gravità. Per l’assistenza allo stesso figlio con handicap in situazione di gravità, il diritto è riconosciuto ad entrambi i genitori, anche adottivi, che possono fruirne alternativamente. Il dipendente ha diritto di prestare assistenza nei confronti di più persone in situazione di handicap grave, a condizione che si tratti del coniuge o di un parente o affine entro il primo grado o entro il secondo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i 65 anni di età oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti” (in riferimento al co. 3, art. 33, v. Interpello del Ministero del Lavoro n. 20/2016 e Interpello del Ministero del Lavoro n. 19/2014).

Assistenza a familiare con handicap e trasferimento di sede nella PA
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