Il direttore di stabilimento, che sia anche procuratore con delega in materia di tutela della salute e della sicurezza sul luogo di lavoro, deve predisporre controlli, verifiche e opere manutentive al fine di individuare ed eliminare eventuali problemi in grado di ripercuotersi sulla sicurezza e salute dei lavoratori.

Nota a Cass. 27 aprile 2018, n. 18409

Mariapaola Boni

L’individuazione delle responsabilità penali all’interno delle organizzazioni produttive complesse rappresenta un tema ricco di implicazioni, sul quale si è pronunciata la Corte di Cassazione (27 aprile 2018, n. 18409) relativamente ad un caso di lesioni personali occorse a causa del comprovato malfunzionamento di specifici macchinari. Secondo la Corte, il soggetto che riveste la posizione di garanzia in materia di tutela della salute nei luoghi di lavoro deve impartire le necessarie indicazioni per ovviare ad eventuali criticità presenti all’interno dello stabilimento idonee a compromettere la sicurezza dei dipendenti  e “predisporre un regolare e frequente controllo, tra le altre cose, dei macchinari e degli impianti utilizzati nella produzione, sottoponendoli quindi ad opportuna manutenzione tecnica (ad opera di personale eventualmente a ciò adibito)”.

In linea con il consolidato orientamento della Cassazione, i giudici ribadiscono che, ai fini dell’individuazione del garante della sicurezza nelle strutture aziendali, occorre fare riferimento al soggetto espressamente deputato alla gestione del rischio e che è generalmente riconducibile:

a) alla sfera di responsabilità del preposto, l’infortunio occasionato dalla concreta esecuzione della prestazione lavorativa;

b) alla responsabilità del dirigente, il sinistro riconducibile al dettaglio dell’organizzazione dell’attività lavorativa;

c) e a quella del datore di lavoro, l’incidente derivante da scelte gestionali di fondo (così, Cass. n. 22606/2017).

Pertanto, anche quando vi siano più titolari della posizione di garanzia, “ciascuno è per intero destinatario dell’obbligo di tutela impostogli dalla legge fin quando si esaurisce il rapporto che ha legittimato la costituzione della singola posizione di garanzia, per cui l’omessa applicazione di una cautela antinfortunistica è addebitabile ad ognuno dei titolari di tale posizione” (così, Cass., n. 18826/2012; e v., ad es., D.M. Ministero Infrastrutture e Trasporti 7 marzo 2018, n. 49 – Regolamento recante: Approvazione delle linee guida sulle modalità di svolgimento delle funzioni del direttore dei lavori e del direttore dell’esecuzione – per il quale: “ laddove l’incarico di coordinatore per l’esecuzione dei lavori sia stato affidato a un soggetto diverso dal direttore dei lavori nominato, il predetto coordinatore assume la responsabilità per le funzioni ad esso assegnate dalla normativa sulla sicurezza, operando in piena autonomia” (art. 2, co.3).

Non può, dunque, “attribuirsi, in via automatica, all’organo di vertice la responsabilità per l’inosservanza della normativa di sicurezza, dovendosi sempre considerare l’effettivo contesto organizzativo e le condizioni in cui detto organo ha dovuto operare” (v. Cass. n. 13858/2015). Il sistema della normativa antinfortunistica si è infatti evoluto “passando da un modello ‘iperprotettivo’, interamente incentrato sulla figura del datore di lavoro, quale soggetto garante investito di un obbligo di vigilanza assoluta sui lavoratori, ad un modello ‘collaborativo’ in cui gli obblighi sono ripartiti tra più soggetti, compresi i lavoratori” (Cass.  n. 8883/2016).

Nella fattispecie esaminata dalla Corte, il direttore di uno stabilimento, era stato nominato procuratore con delega in materia di tutela della salute e della sicurezza sul luogo di lavoro ed aveva ricoperto tale  posizione sin da quando erano emersi i difetti della macchina. In particolare, secondo la Corte, egli aveva dimostrato una colpevole inerzia, dal momento che, nella sua qualifica, avrebbe dovuto sottoporre gli impianti dello stabilimento a regolare ed approfondita manutenzione, al fine rilevare ed eliminare eventuali difetti suscettibili di pregiudicare la salute dei lavoratori (v. art. 64, co. 1, lett. c), D.LGS. n.81/2008).

Come precisa il Collegio, se è vero che l’esecuzione materiale di tale compito  non può essere sempre e comunque demandata personalmente al direttore dello stabilimento, è altrettanto vero che “egli, in quanto destinatario degli obblighi che la normativa ora citata gli impone, deve, se non vi provvede direttamente, premurarsi di predisporre tali controlli e verificare che gli stessi vengano poi effettivamente posti in essere, ed esigere altresì dal servizio di manutenzione a tal fine preposto una puntuale e costante informazione in ordine all’attività svolta e alle anomalie riscontrate, di talché, una volta preso atto di eventuali problemi in grado di ripercuotersi sulla sicurezza e salute dei lavoratori, possa conseguentemente dare disposizioni per eliminarli, così adempiendo all’ulteriore obbligo che la disposizione in esame gli impone (provvedere affinché “vengano eliminati, quanto più rapidamente possibile, i difetti rilevati che possano pregiudicare la sicurezza e la salute dei lavoratori”).

Tale operazione, inoltre, non può prescindere da un continuo monitoraggio sull’operato e sull’esito dell’attività di manutenzione, ed in questa fase il direttore è “tenuto ad attivarsi personalmente e, se del caso, a sollecitare il personale dell’apposito servizio affinché gli riferisca dell’eventuale presenza di anomalie cui deve porsi rimedio, poiché solo in tal modo può efficacemente adempiere all’obbligo di eliminarle, essendo lui, e non già il personale del servizio di manutenzione, munito di delega in materia di salute e sicurezza dei lavoratori e, dunque, destinatario delle prescrizioni sopra enucleate”.

Quanto al datore di lavoro, la Corte precisa che, quale responsabile della sicurezza e garante dell’incolumità fisica dei prestatori di lavoro, ex art. 2087 c.c., egli ha l’obbligo, non solo di predisporre le misure antinfortunistiche, ma anche di sorvegliare continuamente sulla loro adozione da parte degli eventuali preposti e dei lavoratori (Cass. 21 ottobre 2014, n. 4361). Sicché il datore risulta inadempiente (circa gli obblighi derivanti dalle norme di sicurezza) quando, “dopo l’avvenuta scelta della persona preposta al cantiere o incaricata dell’uso degli strumenti di lavoro, non controlla o – se privo di cognizioni tecniche – non fa controllare la rispondenza dei mezzi usati o delle attrezzature ai dettami delle norme antinfortunistiche. In tal caso, infatti, la presenza e la eventuale colpa del preposto non eliminano la responsabilità dell’imprenditore, potendosi ritenere che l’infortunio non sarebbe occorso se il datore di lavoro avesse controllato e fatto controllare le attrezzature, le macchine e predisposto i mezzi idonei a dotarle dei requisiti di sicurezza mancanti, conferendo al preposto – come suo “alter ego” – non solo la generica delega a sorvegliare lo svolgimento del lavoro in cantiere ma anche dotandolo dei poteri di autonoma iniziativa – anche eventualmente di spesa o di modifica delle condizioni di lavoro, delle fasi e dei tempi del processo lavorativo – per l’adeguamento e l’uso, in condizioni di sicurezza, dei mezzi forniti” ( v. Cass. n. 523/1996). Qualora poi sussista la possibilità di ricorrere a plurime misure di prevenzione di eventi dannosi, il datore di lavoro è tenuto ad adottare il sistema antinfortunistico sul cui utilizzo incida meno la scelta discrezionale del lavoratore, allo scopo di garantire il maggior livello di sicurezza possibile (Cass. n. 4325/2015).

Per altro verso, non risponde delle lesioni personali derivate da una condotta esorbitante ed imprevedibilmente colposa del lavoratore il datore di lavoro che, dopo avere effettuato una valutazione preventiva del rischio connesso allo svolgimento di una determinata attività, ha fornito al lavoratore i relativi dispositivi di sicurezza ed ha adempiuto a tutte le obbligazioni proprie della sua posizione di garanzia.

Sicurezza sul lavoro e responsabilità penali
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