L’indennità sostitutive delle ferie ha carattere retributivo ed è soggetta a contribuzione previdenziale.
Nota a Cass. 29 maggio 2018, n. 13473
Francesca Albiniano
L’indennità erogata ai lavoratori in sostituzione delle ferie costituisce un’attribuzione patrimoniale riconosciuta a favore del lavoratore in dipendenza del rapporto di lavoro che non è ricompresa nella elencazione tassativa delle erogazioni escluse dalla contribuzione previdenziale.
Il principio è espresso dalla Corte di Cassazione (29 maggio 2018, n. 13473), la quale ha ribadito la regola dell’assoggettabilità all’imposizione contributiva dell’indennità sostitutiva delle ferie in ragione della natura retributiva di tale indennità (dovuta, come noto, in caso di cessazione del rapporto, quando il lavoratore non abbia potuto fruire delle ferie).
Nello specifico, la Corte ha confermato il suo precedente orientamento (Cass. 29 gennaio 2016, n. 1757), in base al quale: “ L’indennità sostitutiva delle ferie non godute ha natura mista, sia risarcitoria che retributiva, sicché mentre ai fini della verifica della prescrizione va ritenuto prevalente il carattere risarcitorio, volto a compensare il danno derivante dalla perdita del diritto al riposo, cui va assicurata la più ampia tutela applicando il termine ordinario decennale, la natura retributiva, quale corrispettivo dell’attività lavorativa resa in un periodo che avrebbe dovuto essere retribuito ma non lavorato, assume invece rilievo quando ne va valutata l’incidenza sul trattamento di fine rapporto, ai fini del calcolo degli accessori o dell’assoggettamento a contribuzione”.
Il profilo parzialmente risarcitorio dell’indennità (oggi escluso dal sopravvenuto art. 10 D.LGS. n. 66/2003, come modificato dal D.LGS. n. 213/2004, in attuazione della Direttiva n. 93/104/CE) non esclude, dunque, secondo i giudici, la sua riconducibilità all’ampia nozione di retribuzione imponibile delineata dall’art. 12, L. n. 153/1969, essendo la stessa in rapporto di corrispettività con le prestazioni lavorative effettuate nel periodo di tempo che avrebbe dovuto essere dedicato al riposo, ed avendo carattere retributivo, come tale garantito dall’art. 2126 c.c. a favore delle prestazioni effettuate con violazione di norme poste a tutela del lavoratore.
L’art. 10, D.LGS. n. 66/2003 stabilisce che:
“1. Fermo restando quanto previsto dall’ articolo 2109 del codice civile, il prestatore di lavoro ha diritto ad un periodo annuale di ferie retribuite non inferiore a quattro settimane. Tale periodo, salvo quanto previsto dalla contrattazione collettiva o dalla specifica disciplina riferita alle categorie di cui all’ articolo 2, comma 2, va goduto per almeno due settimane, consecutive in caso di richiesta del lavoratore, nel corso dell’anno di maturazione e, per le restanti due settimane, nei 18 mesi successivi al termine dell’anno di maturazione.
2. Il predetto periodo minimo di quattro settimane non può essere sostituito dalla relativa indennità per ferie non godute, salvo il caso di risoluzione del rapporto di lavoro.
3. Nel caso di orario espresso come media ai sensi dell’articolo 3, comma 2, contratti collettivi stabiliscono criteri e modalità di regolazione”.