Nel corso di uno sciopero, la sostituzione degli scioperanti con altri lavoratori adibiti a mansioni inferiori configura una condotta antisindacale quando tali mansioni non siano solo marginali, funzionalmente accessorie e complementari.
Nota a Cass. 22 maggio 2018, n. 12551
Flavia Durval
Per la configurazione e l’impugnazione della condotta antisindacale del datore di lavoro, come sanzionata dall’art. 28 Stat. Lav., è necessaria la ricorrenza di una serie di elementi fondamentali, recentemente evidenziati dalla Corte di Cassazione (22 maggio 2018, n. 12551).
Nello specifico, i giudici, ripercorrendo i principali orientamenti della giurisprudenza di legittimità, hanno ribadito che:
a) gli organismi locali della associazioni sindacali nazionali che presentino ricorso contro il comportamento antisindacale del datore di lavoro devono avere una struttura organizzativa articolata a livello nazionale e svolgere attività sindacale su tutto o su ampia parte del territorio nazionale, mentre non è necessaria la sottoscrizione dei contratti collettivi nazionali, che rimane un indice tipico, ma non l’unico (v. Cass. n. 5321/2017; Cass. n. 17915/2017).
Più specificamente la “nazionalità”, quale requisito richiesto dalla legge per tali associazioni sindacali, va intesa in senso effettivo e non deve invece essere desunta “da dati meramente formali o da una dimensione statica, puramente organizzativa e strutturale, dell’associazione”, essendo piuttosto necessaria un’azione diffusa a livello nazionale”(cfr., tra tante, Cass. n. 19272/2017, in questo sito con nota di M.N., Sindacati legittimati ad agire per la repressione della condotta antisindacale e riscossione delle quote associative; Cass. n. 16637/2014). Ciò, nel senso di una “diffusione ed una effettiva azione del sindacato su tutto o gran parte del territorio nazionale, non essendo indispensabile che l’associazione faccia parte di una confederazione né che sia maggiormente rappresentativa” (così, Cass. S.U. n. 28269/2005);
b) l’attualità deve intendersi in un duplice significato: 1. anche se si esaurisce la singola azione lesiva del datore di lavoro, ciò non può precludere l’ordine del giudice di cessazione del comportamento illegittimo se questo, “alla stregua di una valutazione globale non limitata ai singoli episodi, risulti tuttora persistente ed idoneo a produrre effetti durevoli nel tempo, sia per la sua portata intimidatoria, sia per la situazione di incertezza che ne consegue, suscettibile di determinare in qualche misura una restrizione o un ostacolo al libero esercizio dell’attività sindacale” (v. Cass. Cass n. 10130/2014); 2. pertanto, se vi è permanenza degli effetti lesivi, il mero ritardo nella proposizione del ricorso non ne determina di per sé l’inammissibilità;
c) la sostituzione degli scioperanti con altri lavoratori adibiti a mansioni inferiori non configura una condotta antisindacale solo qualora tali mansioni siano “marginali e funzionalmente accessorie e complementari a quelle proprie della posizione dei lavoratori così assegnati”, altrimenti la condotta del datore di lavoro va considerata lesiva dell’interesse collettivo del sindacato in quanto vengono fatte ricadere sui lavoratori non scioperanti “le conseguenze negative dello sciopero attraverso il compimento di atti illegittimi perché posti in essere in violazione dell’art. 2103 c.c.” (Cass. n. 14444/2015 e Cass. n. 15782/2011).
Nella fattispecie sottoposta alla sua attenzione, la Cassazione ha rilevato l’antisindacalità della condotta datoriale, fra l’altro in quanto la Corte distrettuale aveva accertato che le inferiori mansioni svolte dai ‘quadri’ in sostituzione degli scioperanti non erano “né accessorie o complementari, né marginali”, ma, al contrario, “erano avvenute frequentemente e non marginalmente in occasione
di diversi scioperi ed al solo scopo di sostituire il personale scioperante”.