È licenziabile il dipendente che offenda, con parole volgari ed ingiuriose, il superiore gerarchico.
Nota a Cass. 29 maggio 2018, n. 13434
Osvaldo Landolfi
Il licenziamento disciplinare è giustificato qualora i fatti addebitati rivestano il carattere di grave violazione degli obblighi inerenti al rapporto di lavoro, tale da ledere irrimediabilmente il vincolo fiduciario che lega il datore di lavoro ed il lavoratore. La relativa valutazione deve essere operata dal giudice con riferimento ad aspetti afferenti alla natura e alla qualità del singolo rapporto; alla posizione delle parti; al grado di affidamento richiesto dalle specifiche mansioni del dipendente; al nocumento eventualmente arrecato ed alla portata soggettiva dei fatti stessi.
Lo ha ribadito la Corte di Cassazione (29 maggio 2018, n. 13434), in relazione al licenziamento per giusta causa intimato, ex art. 2119 c.c., da un Consorzio provinciale fitosanitario al suo direttore, per aver quest’ultimo pronunciato, ripetutamente, epiteti offensivi ed ingiuriosi nei confronti del Presidente del Consorzio medesimo.
Per i giudici di merito, la gravità della condotta addebitata era idonea ad integrare la grave violazione degli obblighi inerenti al rapporto di lavoro, tenuto conto anche dell’incarico rivestito dal direttore, dei suoi rapporti con il Presidente (organo rappresentativo ed esecutivo del Consorzio) e di fatti anteriori, ancorché mai contestati dal datore di lavoro.
La Cassazione, investita della questione, ha confermato quanto statuito nei precedenti gradi di giudizio, aggiungendo che al giudice non è precluso “di considerare fatti non contestati e situati a distanza anche superiore ai due anni dal recesso, quali circostanze confermative della significatività degli addebiti posti a base del licenziamento, al fine della valutazione della complessiva gravità, sotto il profilo psicologico, delle inadempienze del lavoratore e della proporzionalità o meno del correlativo provvedimento sanzionatolo del datore di lavoro” (così Cass. n. 1145/2011).
(In senso conforme, v. anche Cass. n. 21506/2017, in questo sito, con nota di V. DI BELLO, Minacce e ingiurie: licenziamento per giusta causa)