La competenza giurisdizionale sulla tutela risarcitoria per il licenziamento illegittimo intimato da un’impresa assoggettata a procedure concorsuali è del giudice del lavoro.
Nota a Cass. 21 giugno 2018, n. 16443
Paolo Pizzuti
Il giudice del lavoro è competente a decidere nell’ipotesi di licenziamento illegittimo intimato da un’impresa assoggettata a procedure concorsuali anche per ciò che concerne l’indennità risarcitoria.
È quanto affermato dalla Corte di Cassazione 21 giugno 2018, n. 16443, relativamente al caso di un lavoratore che aveva impugnato il licenziamento per giusta causa intimato dall’impresa, cassando App. Bari che, che, a seguito dell’intervenuta ammissione dell’azienda alla procedura di amministrazione straordinaria, aveva ritenuto che la cognizione della controversia spettasse in via esclusiva al giudice della procedura concorsuale.
La sentenza della Corte si basa sul presupposto che la domanda (reintegrazione per recesso illecito) si fonda sull’interesse del dipendente alla tutela della propria posizione all’interno dell’impresa, sia per la coesistenza di diritti non patrimoniali e previdenziali, estranei al principio della par condicio creditorum, sia in funzione di una possibile ripresa dell’attività.
E ribadisce quanto affermato dalla consolidata giurisprudenza formatasi in materia di ripartizione di competenza tra giudice del lavoro e giudice fallimentare, precisando che:
- il giudice del lavoro è giudice “del rapporto”, nel senso che ad esso spetta ogni controversia avente ad oggetto lo status del lavoratore.
- In tali controversie è compreso sia l’accertamento della pregressa esistenza del rapporto (Cass. n. 11439/2004) o di riconoscimento della qualifica della prestazione (Cass. n. 23418/2017) ovvero di azioni costitutive, principalmente di impugnazione del licenziamento (Cass. n. 2411/2010), ivi compresa la domanda di reintegrazione nel posto di lavoro (Cass. n.19308/2016); nonché l’accertamento di nullità, invalidità ed inefficacia di atti di “cessione di ramo d’azienda, in funzione di ripristino del rapporto di lavoro con la parte cedente, in caso di fallimento della cessionaria” (Cass. n. 1646/2018, in questo sito, con nota di A. LARDARO, Fallimento dell’impresa e competenza del giudice del lavoro).
- Diversamente, al giudice fallimentare, ossia “del concorso”, è riservato “l’accertamento, con la relativa qualificazione, dei diritti di credito dipendenti dal rapporto di lavoro, in funzione della partecipazione al concorso”…; “l’unico titolo idoneo per l’ammissione allo stato passivo e per il riconoscimento di eventuali diritti di prelazione” è costituito dall’accertamento del giudice fallimentare (Cass. n. 21204/2017). In tale ipotesi, si è in presenza di una verifica endofallimentare che ha ad oggetto non l’accertamento del credito, “ma piuttosto la verifica del diritto di (credito per la) partecipazione al concorso…”
In sintesi, è competente il giudice del lavoro ogni volta che il lavoratore manifesti l’interesse “ad ottenere una pronuncia che ‘faccia stato’ sul suo rapporto di lavoro, piuttosto che un accertamento, in via meramente incidentale, al solo fine di ammissione del suo credito, dipendente dal rapporto di lavoro, allo stato passivo del fallimento (o comunque di una procedura concorsuale)”.
Con specifico riguardo all’accertamento della competenza relativa alla «domanda risarcitoria», la Corte riconosce al giudice del lavoro la competenza a conoscere l’«entità dell’indennità risarcitoria», fermo restando l’onere del lavoratore di richiedere successivamente, al tribunale fallimentare, l’insinuazione al passivo dell’indennità risarcitoria così liquidata.
Tale affermazione muove dalla considerazione che in seguito alla L. n. 92/2012 (c.d. L. Fornero) la tutela indennitaria non è più, come nel regime preesistente, predeterminabile con certezza – in quanto parametrata alle retribuzioni “perse” dalla data di licenziamento a quella di reintegrazione -, ma viene attualmente valutata calibrando elementi: a) interni al rapporto di lavoro (anzianità del dipendente, numero degli occupati, ecc.); b) attinenti al “comportamento del lavoratore nella ricerca di una nuova occupazione e delle parti nell’ambito della procedura stabilita dall’art. 7, L. n. 604/1966)”; c) e relativi alla gravità della violazione formale o procedurale commessa dal datore di lavoro ed apprezzabili, “per palese cognizione, dal giudice del rapporto”.