Sul lavoratore che si rifiuta di firmare le buste paga, licenziato e poi reintegrato nel posto di lavoro, non grava l’onere di provare le dimensioni dell’impresa.
Nota a Cass. 8 giugno 2018, n. 15032
Kevin Puntillo
In tema di riparto dell’onere probatorio in ordine ai presupposti di applicazione della tutela reale o obbligatoria al licenziamento di cui sia accertata l’invalidità, l’esistenza del rapporto di lavoro subordinato e l’illegittimità dell’atto espulsivo rappresentano i fatti costitutivi del diritto soggettivo del lavoratore a riprendere l’attività e dell’azione di impugnazione del licenziamento (sul piano processuale).
A ribadire il suddetto principio è la Cassazione con sentenza 8 giugno 2018, n. 15032, in merito ad un licenziamento intimato ad un lavoratore che, rifiutandosi di firmare le buste paga, si vedeva non corrispondere più la retribuzione e veniva invitato a restare a casa fin quando non avesse deciso di firmare le suddette buste paga. Decorso invano un breve lasso di tempo, il dipendente veniva dapprima licenziato verbalmente e poi licenziato in tronco per assenze ingiustificate dalla data del licenziamento verbale. Il lavoratore chiedeva pertanto che fosse dichiarata l’illegittimità del licenziamento (essendo l’assenza imputabile al datore di lavoro che aveva rifiutato la sua prestazione lavorativa) e la conseguente reintegra nel posto di lavoro, oltre alla corresponsione delle retribuzioni maturate.
La Corte di Cassazione, accogliendo la richiesta del lavoratore, ha affermato che nel caso di tutela cd. reale, anche se il lavoratore non allega e non prova il requisito dimensionale necessario a tal fine, grava sul datore di lavoro l’onere di dimostrare che le dimensioni dell’impresa, inferiori ai limiti stabiliti dall’art. 18 della L. n. 300 del 1970, costituiscono, insieme al giustificato motivo del licenziamento, fatti impeditivi, e dunque una eccezione, quanto meno in senso lato, del diritto alla reintegrazione del lavoratore. L’individuazione di siffatto onere probatorio a carico del datore di lavoro persegue, infatti, la finalità di non rendere troppo difficile l’esercizio del diritto del lavoratore (anche ai sensi dell’art. 24 Cost.), il quale, a differenza del datore di lavoro, non dispone di informazioni adeguate a provare il numero dei lavoratori occupati nell’impresa.