Il compenso per trasferta erogato continuativamente comporta l’applicazione di contributi meno gravosi di quelli previsti per la retribuzione imponibile.

Nota a Cass. 20 giugno 2018, n. 16263

Francesco Belmonte

Con riguardo al trattamento contributivo dell’indennità di trasferta, l’espressione “anche se corrisposta con carattere di continuità” – contenuta nell’art. 11, L. 4 agosto 1984, n. 467, sia nel vigente art. 51, co. 6, TUIR (come pure nel co. 6 dell’art. 48, TUIR, nel testo risultante dalle modifiche introdotte dal D.LGS. 2 settembre 1997, n. 314) – va intesa, nel senso che “l’eventuale continuatività della corresponsione del compenso per la trasferta non ne modifica l’assoggettabilità al regime contributivo (e fiscale) meno gravoso (di quello stabilito in via generale per la retribuzione imponibile), rispettivamente previsto dalle citate disposizioni”.

Ed in effetti, alla luce dell’art. 7-quinquies D.L. 22 ottobre 2016, n. 193 (conv. dalla L. 1 dicembre 2016, n. 225) – che ha introdotto una norma retroattiva autoqualificata di “interpretazione autentica” dell’art. 51, co.6, TUIR, il legislatore ha stabilito (co.1) che per rientrare nella disciplina prevista dal suddetto co.6, i lavoratori devono avere tra caratteristiche:

“a) la mancata indicazione, nel contratto o nella lettera di assunzione, della sede di lavoro;

b) lo svolgimento di un’attività lavorativa che richiede la continua mobilità del dipendente;

c) la corresponsione al dipendente, in relazione allo svolgimento dell’attività lavorativa in luoghi sempre variabili e diversi, di un’indennità o maggiorazione di retribuzione “in misura fissa”, attribuite senza distinguere se il dipendente si è effettivamente recato in trasferta e dove la stessa si è svolta”. Il principio, illustrato dalla Corte di Cassazione (20 giugno 2018, n. 16263), si pone in linea con Cass. S.U. n. 27093/2017 (in questo sito, con nota di M.N. BETTINI, Trattamento contributivo dell’indennità di trasferta).

Qualora manchi la contestuale esistenza di queste condizioni, i lavoratori sono destinatari del trattamento previsto per le indennità di trasferta di cui al co. 5, art. 51 TUIR

L’INPS, con il messaggio n. 27271/2008, ha precisato gli elementi riconducibili al trasfertismo:

– la mancata indicazione, nel contratto e/o lettera di assunzione, della sede di lavoro intesa come luogo di svolgimento dell’attività lavorativa e non di assunzione;

– lo svolgimento di una attività lavorativa che, come contenuto ordinario della prestazione, richiede la continua mobilità del dipendente;

– la corresponsione al prestatore, con riguardo allo svolgimento dell’attività lavorativa in luoghi sempre variabili e diversi, di una indennità o maggiorazione di retribuzione in misura fissa, erogata senza distinguere se il dipendente si è effettivamente recato in trasferta e dove si è svolta la trasferta.

Si tratta di elementi che devono sussistere congiuntamente poiché la mancanza di uno di essi comporta l’applicazione del regime fiscale e contributivo previsto dall’articolo 51, co. 5 TUIR (cioè, per le trasferte in Italia (ma fuori dal comune dell’impresa) fino a 46,48 euro al giorno, elevati a 77,47 euro al giorno per le trasferte in Italia).

Trasferta e regime contributivo
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