L’appaltante è sostituto d’imposta.
Nota a Cass. 6 luglio 2018, n. 17805
Alfonso Tagliamonte
Sull’imprenditore appaltante o interponente che abbia utilizzato effettivamente le prestazioni del lavoratore incombono, oltre che gli obblighi di trattamento economico e normativo scaturenti dal rapporto di lavoro, e quelli in materia di assicurazioni sociali, anche gli obblighi fiscali del datore di lavoro, ossia quelli del sostituto d’imposta, di cui al D.P.R. 22 settembre 1973, n. 600, art. 23, per le ritenute d’acconto sulle retribuzioni (in tal senso, Cass. n. 21982/2015 e Cass. n. 9962/2015), “e ciò a prescindere dal fatto che la retribuzione non sia stata materialmente pagata dal committente, ma dall’appaltatore”.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione (6 luglio 2018, n. 17805) in una fattispecie relativa alla corretta applicazione dell’art. 1, L. 23 ottobre 1960, n. 1369, concernente il divieto di intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di lavoro, e con riferimento ad un processo verbale di constatazione della Guardia di finanza, che aveva riscontrato la violazione della normativa sulla intermediazione di manodopera, in relazione a lavoratori che operavano presso un’azienda, ma risultavano dipendenti di altre società.
Il Collegio ha ritenuto errata la sentenza della C.T.R. del Friuli Venezia Giulia (n. 21/08/10 dep. 1. 3. 2010) impugnata dall’Agenzia delle Entrate ed ha accolto il ricorso, ribadendo la responsabilità fiscale del datore appaltante o interponente ed affermando che “il pagamento dei lavoratori da parte della società presso la quale erano formalmente assunti come dipendenti escludesse la debenza dell’IVA, in quanto la fatturazione delle indicate prestazioni da parte dell’intermediario non legittima l’appaltante o interponente a detrarre l’IVA relativa o a dedurre tali costi ai fini della determinazione del reddito imponibile, mancando l’accertamento dell’esistenza di un valido rapporto contrattuale con l’intermediario” (v. anche Cass. n. 22010/2014).