Valida la reiterazione della prova per consentire al datore di lavoro di valutare il comportamento e la personalità del lavoratore.

Nota a Cass. 11 luglio 2018, n. 18268

Maria Novella Bettini

È ammissibile la ripetizione del patto di prova in successivi contratti di lavoro tra le medesime parti quando “vi sia la necessità per il datore di lavoro di verificare, oltre alle qualità professionali, anche il comportamento e la personalità del lavoratore in relazione all’adempimento della prestazione, trattandosi di elementi suscettibili di modificarsi nel tempo per molteplici fattori, attinenti alle abitudini di vita o a problemi di salute” (Così, Cass. n. 15059/2015).

Tale principio è stato riaffermato dalla Corte di Cassazione (11 luglio 2018, n. 18268) in relazione ad un’ipotesi di appalto in cui era stato ripetuto il patto di prova in successivi contratti di lavoro tra le medesime parti.

I giudici hanno rilevato che:

– è vero che durante il periodo di prova entrambe le parti sperimentano la convenienza a continuare o meno il rapporto di lavoro, e, dunque, il patto di prova è illegittimamente stipulato laddove la suddetta verifica sia già intervenuta, con esito positivo, per le stesse mansioni e per un congruo lasso di tempo;

– tuttavia (anche in presenza di un patto che riguardi una prestazione con mansioni di eguale contenuto resa in successione in favore di differenti datori di lavoro), occorre confrontarsi con l’esigenza, dei diversi datori di lavoro succeditisi nell’appalto, di valutare, accanto alla preparazione professionale del lavoratore, anche le caratteristiche inerenti al suo stile di vita ed alla sua salute, nonché alla sfera del c.d. saper essere: personalità, carattere, capacità di relazionarsi con gli altri collaboratori, ecc.

– è pertanto congrua la valutazione della Corte territoriale (App. Catanzaro n. 985/2015) relativa alla legittimità del patto di prova inserito in un contratto di nuova stipulazione (nell’ambito di un appalto), che “lasci inalterata la necessità di valutazione del permanere degli elementi di qualificazione della prestazione lavorativa ivi compreso il vincolo fiduciario, soprattutto in presenza di differenti datori di lavoro”. Con la conseguenza che il licenziamento intimato nel corso o al termine del periodo di prova, “avendo natura discrezionale, non deve essere motivato, neppure in caso di contestazione in ordine alla valutazione della capacità e del comportamento professionale del lavoratore stesso”;

– l’onere di provare (in base all’art. 2697 c.c.) sia il positivo superamento del periodo di prova, sia che il recesso è stato determinato da motivo illecito,dunque, estraneo alla funzione del patto di prova, grava sul prestatore licenziato, che deduca in sede giurisdizionale la nullità di tale recesso (Cass. n. 1180/2017).

Periodo di prova e personalità del lavoratore
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