La scelta del lavoratore da licenziare non può basarsi solo sulla sua collocazione nel reparto soppresso o ridotto, essendo necessario verificare, accanto alle obiettive esigenze aziendali, il possesso di professionalità equivalenti da parte degli addetti ad altre unità produttive.
Nota a Cass. (Ord.) 5 settembre 2018, n. 21670
Annarita Lardaro
In tema di licenziamento collettivo per riduzione di personale (L. n. 223/1991), la platea dei lavoratori interessati alla riduzione di personale può essere limitata agli addetti ad un determinato reparto o settore soltanto in presenza di oggettive esigenze tecnico-produttive, coerenti con le indicazioni contenute nella comunicazione preventiva al sindacato di cui all’art. 4, co.3, L. 223/1991, secondo cui: “3. La comunicazione di cui al comma 2 deve contenere indicazione: dei motivi che determinano la situazione di eccedenza; dei motivi tecnici, organizzativi o produttivi, per i quali si ritiene di non poter adottare misure idonee a porre rimedio alla predetta situazione ed evitare, in tutto o in parte, il licenziamento collettivo; del numero, della collocazione aziendale e dei profili professionali del personale eccedente, nonché del personale abitualmente impiegato; dei tempi di attuazione del programma di riduzione del personale; delle eventuali misure programmate per fronteggiare le conseguenze sul piano sociale della attuazione del programma medesimo del metodo di calcolo di tutte le attribuzioni patrimoniali diverse da quelle già previste dalla legislazione vigente e dalla contrattazione collettiva. Alla comunicazione va allegata copia della ricevuta del versamento all’INPS, a titolo di anticipazione sulla somma di cui all’articolo 5, comma 4, di una somma pari al trattamento massimo mensile di integrazione salariale moltiplicato per il numero dei lavoratori ritenuti eccedenti”.
Tale disposizione va letta in combinato con l’art. 5, co.1, L. n. 223/1991, relativo ai criteri di scelta dei lavoratori da licenziare, secondo cui: “1. L’individuazione dei lavoratori da licenziare deve avvenire, in relazione alle esigenze tecnico-produttive ed organizzative del complesso aziendale, nel rispetto dei criteri previsti da contratti collettivi stipulati con i sindacati di cui all’articolo 4, comma 2, ovvero, in mancanza di questi contratti, nel rispetto dei seguenti criteri, in concorso tra loro:
a) carichi di famiglia; b) anzianità; c) esigenze tecnico-produttive ed organizzative”.
Sul tema si è espressa la Corte di Cassazione (5 settembre 2018, n. 21670; v. anche Cass. n. 21476/2015 e n. 4678/2015), la quale ha precisato che i parametri di cui all’art. 5, co. 1, della L. n. 223/1991, riferiti al complesso aziendale, possono costituire criterio esclusivo nella determinazione della platea dei lavoratori da licenziare soltanto se il progetto di ristrutturazione si riferisce unicamente ad un’unità produttiva e purché l’impresa, al fine di consentire alle organizzazioni sindacali di verificare l’effettiva necessità dei programmati licenziamenti, indichi nella comunicazione (ex art. 4, co. 3, L. n. 223/1991) “sia le ragioni che limitino i licenziamenti ai dipendenti dell’unità o settore in questione, sia le ragioni per cui non ritenga di ovviarvi con il trasferimento ad unità produttive vicine”. E’ poi onere del datore di lavoro provare il fatto che giustifica il più ristretto ambito nel quale la scelta è stata effettuata.
Riguardo a tale ambito, la Corte ha ritenuto illegittima, “per violazione dell’obbligo di specifica indicazione delle oggettive esigenze aziendali”, la riduzione di personale attuata in seguito ad una comunicazione che faceva riferimento a più settori, individuando il dipendente da licenziare in relazione alle sue mansioni (nello specifico di capo reparto del settore presse) “e non per effetto della soppressione del reparto stesso (che risultava essere stato esternalizzato solo per alcune sue specifiche funzioni)” (v. Cass. n. 4678/2015, cit.).
Come rileva il Collegio, infatti, anche quando “il progetto di ristrutturazione aziendale si riferisca in modo esclusivo ad un’unità produttiva o ad uno specifico settore dell’azienda, la platea dei lavoratori interessati può essere limitata agli addetti ad un determinato reparto o settore solo sulla base di oggettive esigenze aziendali, in relazione al progetto di ristrutturazione aziendale”. Mentre, se i lavoratori oggetto della riduzione di personale risultano idonei – “per il pregresso svolgimento della propria attività in altri reparti dell’azienda – ad occupare le posizioni lavorative di colleghi addetti ad altri reparti”, il datore di lavoro non può limitare la scelta dei lavoratori da espellere ai soli addetti ad uno specifico reparto o settore.
In altri termini, la scelta del lavoratore basata unicamente sul fatto che egli sia impiegato nel reparto operativo soppresso o ridotto, trascurando il possesso di professionalità equivalente a quella di addetti ad altre realtà organizzative, non è legittima (v. anche Cass. n. 203/2015 e Cass. n. 9711/2011).