Secondo la Cassazione la cognizione delle pretese creditorie dell’INPS, anche ove originano da un avviso di accertamento, spetta al giudice ordinario in funzione di giudice del lavoro.
Nota a Cass. S.U., ord., 23 luglio 2018, n. 19523
Stefano Quaranta
Con ordinanza 23 luglio 2018, n. 19523, le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, in sede di regolamento di giurisdizione, hanno affermato che il giudice competente a conoscere delle questioni concernenti il versamento dei maggiori contributi previdenziali accertati dall’Inps è il giudice ordinario in funzione di Giudice del Lavoro, e non quello tributario.
L’ordinanza de qua è scaturita da una richiesta di regolamento preventivo di giurisdizione ex art. 41, co.1, c.p.c. proposta da un contribuente che, in origine, aveva presentato un ricorso dinanzi al Tribunale di Trieste avverso un avviso di addebito per contributi Invalidità, Vecchiaia, e Superstiti, notificatogli dall’Inps a seguito di un più ampio accertamento eseguito nei suoi confronti dall’Agenzia delle Entrate.
Viene affermato, in maniera peraltro condivisibile oltre che coerente con quanto stabilito nel vigente assetto del processo tributario (che si deve alla L. n. 448/2001 e al D.L. n. 203/2005, conv. in L. n. 248/2005), che a determinare la giurisdizione tributaria debba essere il titolo, rectius, la natura giuridica originaria della controversia, nonché della situazione giuridica dedotta in lite e richiesta dall’Ente impositore.
Essendo i contributi previdenziali qualificabili come prestazioni parafiscali (e non tributarie in senso stretto), ne consegue la loro naturale assoggettabilità alla giurisdizione del giudice ordinario e non a quella del giudice tributario.
Ciò comporta altresì che, ai fini del riparto di giurisdizione, debba considerarsi ininfluente la circostanza che la procedura di esazione dei contributi previdenziali origini da una cartella esattoriale, ovvero, come nel caso di specie, da un avviso di accertamento proveniente dall’Amministrazione Finanziaria. La giurisdizione deve, infatti, essere comunque ripartita sulla base della natura della pretesa azionata, a prescindere dallo strumento con cui viene esercitata.
Nell’ottica giuslavorista, la regola di riparto della giurisdizione in questione vale ovviamente anche per le controversie in cui si discute della legittimità o meno di un Avviso di addebito emesso dall’Inps, considerato che, dal gennaio 2011, tale Avviso ha sostituito la cartella di pagamento per i crediti di natura previdenziale dell’Istituto, nonché per le controversie in materia di legittimità delle trattenute assicurativo-previdenziali operate dal datore di lavoro su somme corrisposte al lavoratore, in quanto non aventi natura tributaria.
Nella stessa prospettiva, la soluzione accolta dall’ordinanza in esame, come precisato dalla Cassazione, è anche l’unica coerente con l’art. 24, D.Lgs. n. 46/1999, il quale, dopo aver esteso la procedura della riscossione mediante ruolo ai contributi o premi dovuti agli enti pubblici previdenziali, ha espressamente previsto che in presenza di richieste del versamento di contributi previdenziali, il contribuente possa proporre opposizione contro l’iscrizione a ruolo innanzi al giudice ordinario in funzione di Giudice del Lavoro (in tale senso, si veda anche, tra le altre, Cass. S.U. n. 6539/2010).
Nell’ottica tributaria, con questa pronuncia la Corte di Cassazione dimostra di allinearsi una volta di più all’interpretazione che ha dato la Corte costituzionale a quanto stabilito dall’art. 19, D.Lgs. n. 546/1992. Detta norma, stabilendo che appartengono alla giurisdizione del giudice tributario tutte le controversie aventi ad oggetto “i tributi di ogni genere e specie, comunque denominati”, da un lato, ha svincolato la giurisdizione del giudice tributario dal nomen iuris di volta in volta attribuito alla prestazione imposta dall’Ente, e, dall’altro, ha ribadito la necessaria natura tributaria del prelievo di cui si discute, senza la quale non può sussistere il coinvolgimento delle Commissioni Tributarie.
Il predetto art. 19 è stato, infatti, interpretato dalla giurisprudenza costituzionale nel senso che il solo e unico criterio per far sì che si possa legittimamente configurare la giurisdizione del Giudice Tributario è la natura tributaria, o meno, del prelievo, con l’ulteriore conseguenza per cui l’eventuale violazione del disposto di cui all’art. 102 Cost. (che vieta l’introduzione di giudici speciali) si verificherebbe solo ove la giurisdizione delle Commissioni Tributarie sia ampliata a materie non tributarie, o prelievi erroneamente qualificati come tributari (in tal senso, si veda, tra tutte, Corte Cost. n. 64/2008).