In materia di obbligazione contributiva a carico dei lavoratori autonomi, il momento di decorrenza della prescrizione deve essere identificato con la scadenza del termine per il loro pagamento.
Nota a Cass. 24 luglio 2018, n. 19640
Alfonso Tagliamonte
In tema di contributi cd. “a percentuale”, il fatto costitutivo dell’obbligazione contributiva è determinato dall’avvenuta produzione, da parte del lavoratore autonomo, di un determinato reddito (L. n. 233/1990, art. 1, co. 4). Pertanto, il momento di decorrenza della prescrizione dei contributi in questione deve identificarsi con la scadenza del termine per il loro pagamento e non con l’atto, eventualmente successivo – ed avente solo efficacia interruttiva della prescrizione anche a beneficio dell’Inps – con cui l’Agenzia delle Entrate abbia accertato un maggior reddito (D.LGS n. 462/1997, art. 1).
La contribuzione finale per i lavoratori autonomi è determinata, difatti, in base ai redditi dell’anno al quale i contributi si riferiscono, denunciati ai fini IRPEF, al lordo degli oneri deducibili (art. 3 bis, D.L. 19 settembre 1992, n. 384, conv. in L. n. 438/1992; v. anche INPS, Circ. n. 182/1994 e n. 76/2000).
Per i suddetti lavoratori, l’obbligo di pagamento della contribuzione si articola in 4 rate annuali nei limiti della soglia minimale e nel pagamento di una somma a saldo (conguaglio), alla scadenza dei termini previsti per il pagamento delle imposte risultanti dalla dichiarazione dei redditi.
Relativamente ai termini prescrizionali per i contributi, l’INPS ha assunto, durante un contraddittorio, un orientamento ritenuto non corretto dalla Cassazione.
Per l’Istituto, infatti, il termine di prescrizione per i contributi dovuti sulla quota di reddito eccedente il minimale imponibile decorre dal giorno in cui gli stessi contributi devono essere versati in base alla normativa vigente e cioè dal giorno in cui va versato il saldo risultante dalla dichiarazione dei redditi dell’anno di riferimento.
Questo termine può essere differito nell’ipotesi in cui vi sia un atto che fiscalmente accerti l’esistenza di un maggior reddito. In base all’impostazione dell’INPS, l’atto di accertamento dell’Agenzia delle Entrate che accerta il reddito non costituisce atto interruttivo della prescrizione, ma determina il sorgere del diritto dell’Istituto ai contributi e quindi va inteso come atto da cui decorre il termine di prescrizione del diritto stesso.
La Cassazione è, però, di diverso avviso. La Corte con la sentenza 24 luglio 2018, n. 19640 afferma che il fatto costitutivo dell’obbligazione contributiva è rappresentato dalla produzione di reddito da parte del lavoratore autonomo, quale fatto economico giuridicamente rilevante, collegato allo svolgimento di un’attività lavorativa. In sintesi, la produzione del reddito determina l’obbligazione e la sua misura; mentre l’accertamento dell’obbligo contributivo rappresenta un fatto che ne condiziona l’efficacia (Cass. n. 13463/2017) ed è idoneo ad interrompere la prescrizione (v. Cass. n. 17769/2015). Pertanto, il momento di decorrenza della prescrizione deve essere identificato con la scadenza del termine per il pagamento dei contributi.
Per quanto concerne gli effetti sul decorso del termine prescrizionale della mancata presentazione della dichiarazione dei redditi, secondo l’INPS il termine di prescrizione non decorre (v. Cass. n. 7836/2016; n. 4981/2014) poiché, in tal caso, è palese un intento di occultamento doloso del maggior reddito conseguito. Del resto, i controlli ispettivi dell’INPS si limitano ai profili lavoristici e previdenziali e si svolgo essenzialmente in ambito aziendale o tra i lavoratori; gli ispettori, inoltre, non hanno i necessari poteri accertativi per verificare l’entità dei redditi o effettuare riscontri anche incrociati presso terzi.
Anche su tale questione i giudici di legittimità hanno inteso diversamente. Per la Corte, al fine di rendere operativa tale specifica causa di sospensione della prescrizione (ex art. 2941, n. 8, c.c.), “occorre operare nei limiti di quelle condotte che non pongano una mera difficoltà di accertamento, ma che rendano oggettivamente impossibile per il creditore esercitare il proprio diritto aggirabile con l’utilizzazione dei normali poteri di indagine dell’Ente, avuto riferimento anche alle molteplici sinergie con l’amministrazione finanziaria e agli strumenti telematici di controllo e di verifica dei dati fiscali e contributivi. La mancata denuncia dei redditi non costituisce dunque impedimento assoluto e, allo stesso tempo, non può configurarsi come un doloso e preordinato occultamento del debito contributivo”.