Nel corso del primo anno di vita del bambino il padre può beneficiare dei permessi giornalieri di riposo anche nel periodo di fruizione dell’indennità di maternità da parte della madre lavoratrice autonoma.
Nota a Cass. 12 settembre 2018, n. 22177
Enzo Lombardi
Durante il periodo di fruizione dell’indennità di maternità da parte della madre lavoratrice autonoma, il padre può fruire dei permessi giornalieri previsti dall’art. 40 del d.lgs. 151/2001 nel corso del primo anno di vita del bambino. Infatti, qualora la madre non sia una lavoratrice dipendente, il diritto del padre ai permessi non è alternativo alla fruizione dell’indennità di maternità da parte della madre, ma è riconosciuto dalla legge in maniera ampia.
È quanto ha stabilito la Corte di Cassazione 12 settembre 2018, n. 22177, relativamente al ricorso presentato dall’INPS contro la sentenza n. 1120/2012 della Corte di Appello di Torino. Più specificamente, la decisione di App. Torino riconosceva a G.D.L. il diritto di usufruire dei riposi giornalieri ex. art. 40 cit. per 2 ore al giorno sino al compimento dell’anno della figlia, nata il 28/9/2009, mentre la moglie G.R., lavoratrice autonoma, riprendeva il lavoro 10 giorni dopo la nascita, usufruendo del trattamento economico di maternità nei tre mesi successivi al parto ex art. 66 D.LGS. n. 151/2001.
L’INPS ha impugnato la sentenza di App. Torino, sostenendo che (in base agli artt. 39, 40, 43, 66, 68 c.2, e 69 c.1, del d.lgs.151/2001) “le pur esistenti differenze tra le madri lavoratrici autonome e lavoratrici subordinate, non incidevano sulla sussidiarietà ed alternatività degli istituti giuridici dei cosiddetti riposi giornalieri e delle indennità di maternità volti a proteggere lo stesso evento; e pertanto sulla inammissibilità di un loro cumulo”.
Il Collegio ha rigettato il ricorso alla luce delle disposizioni contenute negli artt. 39, 40 e 43 del d.lgs.151/2001 – come noto, l’art. 39, disciplina i “riposi giornalieri della madre” durante il primo anno di vita del bambino; l’art. 40, invece, riconosce al padre lavoratore il diritto di godere dei periodi di riposo spettanti alla madre: a) nel caso in cui i figli siano affidati al solo padre; b) in alternativa alla madre lavoratrice dipendente che non se ne avvalga; c) nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente; d) in caso di morte o di grave infermità della madre; e l’art. 43, infine, definisce il trattamento economico che spetta al soggetto fruitore dei periodi di riposo -.
Secondo la Corte è evidente che (in base all’ art. 40 d.lgs. 151/2001), l’alternatività nel godimento dei riposi giornalieri da parte del padre è prevista solo in relazione “alla madre lavoratrice dipendente che non se ne avvalga” (lett. B dell’art. 40 cit.). Mentre, nell’ipotesi in cui la madre non sia una lavoratrice dipendente, (lett. C dell’art. 40 cit.), la norma non prevede nessuna forma di alternatività, riconoscendo al padre il diritto di godere dei permessi durante il primo anno di vita del bambino, contemporaneamente alla fruizione dell’indennità di maternità da parte della madre.
Ciò è giustificato dalla diversa condizione lavorativa della lavoratrice autonoma, nei confronti della quale la legge, da una parte, prevede una differente tutela economica rispetto a quella garantita alla lavoratrice dipendente; “dall’altra, consente alla stessa lavoratrice di rientrare al lavoro in ogni momento, subito dopo il parto, e dunque anche mentre sta fruendo dell’indennità di maternità”. Come, difatti, emerge da una consolidata giurisprudenza della Corte Costituzionale (cfr. Corte Cost. nn. 181/1993, 3/1998, 197/2002), “non è previsto per la lavoratrice autonoma alcun periodo di astensione obbligatoria post partum; non potendo sussistere un obbligo in tal senso in considerazione delle modalità di svolgimento di tale attività lavorativa rimesse alla determinazione della donna”. Essendo l’istituto dei riposi giornalieri finalizzato alla tutela della prole, ne discende che, nel caso della lavoratrice autonoma, la legge preveda la possibilità della madre di rientrare al lavoro dopo il parto e, allo stesso tempo, il diritto del padre di fruire dei riposi nel medesimo periodo.
Pertanto, non vi è nessuna ragione per vietare il cumulo dell’indennità di maternità e della fruizione dei riposi giornalieri, come sostenuto dall’INPS, imponendo una generale alternatività che non è prevista dalla legge e non tiene conto delle specificità delle diverse categorie di madri lavoratrici.
In sintesi, dunque, la Corte ha precisato che, potendo entrambi i genitori lavorare subito dopo l’evento della maternità, “risulta maggiormente funzionale affidare agli stessi genitori la facoltà di organizzarsi nel godimento dei medesimi benefici previsti dalla legge per una gestione familiare e lavorativa meglio rispondente alle esigenze di tutela del complessivo assetto di interessi perseguito dalla normativa; consentendo perciò ad essi di decidere le modalità di fruizione dei permessi giornalieri di cui si tratta, salvo i soli limiti temporali previsti dalla normativa”. Ciò, può essere garantito solo tanto con una interpretazione della normativa che consenta al padre lavoratore dipendente la facoltà di utilizzo dei permessi anche nel periodo in cui la madre, lavoratrice autonoma, goda dell’indennità di maternità (la cui fruizione non è per legge incompatibile con la ripresa dell’attività lavorativa). Non rileva quindi che, nella fattispecie, la lavoratrice autonoma abbia ripreso effettivamente il lavoro, “né se il godimento dei due benefici in capo ai distinti beneficiari si sia sovrapposto in tutto o solo in parte nel medesimo periodo previsto dalla legge”.