Gli investigatori privati non possono vigilare sul corretto adempimento della prestazione lavorativa.
Nota a Cass., ord., 4 settembre 2018, n. 21621
Francesca Albiniano
Le norme dello Statuto dei lavoratori (L. n. 300/1970) in materia di tutela del patrimonio aziendale (art. 2) e di vigilanza dell’attività lavorativa (art. 3) consentono al datore di lavoro di:
a) controllare l’adempimento delle prestazioni lavorative (come il mancato rispetto dell’orario di lavoro o lo scostamento dallo stesso) e, quindi, di accertare mancanze specifiche dei dipendenti, direttamente o mediante la propria organizzazione gerarchica (ex artt. 2086 e 2104 c.c.);
b) avvalersi di preposti (guardie giurate ex art. 2, L. cit. e personale di vigilanza ex art. 3, L cit.);
c) ricorrere a soggetti esterni, come gli investigatori privati, per tutelare il patrimonio aziendale.
Tuttavia, il controllo delle guardie particolari giurate, o di un’agenzia investigativa, “non può riguardare, in nessun caso, né l’adempimento, né l’inadempimento dell’obbligazione contrattuale del lavoratore di prestare la propria opera, l’inadempimento essendo anch’esso riconducibile, come l’adempimento, all’attività lavorativa, che è sottratta alla suddetta vigilanza, ma deve limitarsi agli atti illeciti del lavoratore non riconducibili al mero inadempimento dell’obbligazione”.
È questo un principio (consolidato nella giurisprudenza) ribadito dalla Corte di Cassazione (4 settembre 2018, n. 21621; v. anche Cass. n. 15094/2018, annotata in questo sito, da M. N. BETTINI, Controlli sui lavoratori e agenzie investigative, e Cass. n. 9167/2003), la quale sottolinea che le agenzie di investigazione, “per operare lecitamente”, non possono “sconfinare nella vigilanza dell’attività lavorativa vera e propria”.
Tale controllo, infatti, compete direttamente al datore di lavoro e ai suoi collaboratori ovvero al personale di vigilanza di cui all’art. 3 Stat. Lav.
Pertanto, gli investigatori privati sono abilitati ad intervenire unicamente per verificare “l’avvenuta perpetrazione di illeciti…anche laddove vi sia un sospetto o la mera ipotesi che illeciti siano in corso di esecuzione”. Risulta perciò illegittimo il licenziamento per giusta causa intimato ad un dipendente che manometta ripetutamente il registro delle presenze al fine di occultare le proprie assenze ingiustificate dal lavoro, qualora, per accertare tale circostanza, il datore di lavoro sia ricorso ai servizi di un investigatore privato.
I giudici cassano perciò la sentenza di App. Napoli (n. 8893/2015) che aveva ritenuto legittimo il ricorso ad un’agenzia investigativa, in relazione al “sistematico allontanamento” del dipendente “dal luogo di lavoro, in assenza di qualsiasi comunicazione”. Nella fattispecie, (sulla base dei controlli effettuati dalla datrice di lavoro a mezzo di un’agenzia investigativa), il dipendente, addetto al sistema di rilevazione delle presenze in servizio, faceva fittiziamente figurare la propria sul posto di lavoro.