L’azione speciale prevista nel regime di solidarietà di cui all’art. 29, co. 2, D.LGS. n. 276/2003 si aggiunge a quella prevista, a carico del committente, dall’art. 1676 c.c. ed amplia la tutela a favore dei lavoratori impiegati nell’appalto rispetto a quella stabilita dal Codice Civile (Cfr., in tal senso, R. RIVERSO, Appalti, processo e azioni (l’art. 29 del d.lgs. n. 276/2003), LG, 2014, 853. In base alla disposizione dell’art. 1676 c.c. “coloro che, alle dipendenze dell’appaltatore, hanno dato la loro attività per eseguire l’opera o per prestare il servizio possono proporre azione diretta contro il committente per conseguire quanto è loro dovuto, fino alla concorrenza del debito che il committente ha verso l’appaltatore nel tempo in cui essi propongono la domanda”).
Come noto, in base al D.LGS. n. 276/2003, i lavoratori impegnati nell’appalto (lavoratori subordinati alle dipendenze dell’appaltatore; lavoratori autonomi; lavoratori impiegati con altre forme di collaborazione) possono agire direttamente nei confronti del committente-appaltante al fine di ottenere il pagamento delle spettanze retributive (ivi incluse le quote di trattamento di fine rapporto) ed il versamento dei contributi previdenziali e dei premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto, restando peraltro escluse le sanzioni civili di cui risponde il solo responsabile dell’inadempimento (art. 29, co. 2, D.LGS. n. 276/2003, e successive modifiche ed integrazioni, che prevede un particolare meccanismo di solidarietà negli appalti).
Si tratta di una responsabilità solidale inapplicabile nel caso in cui il committente sia una persona fisica che non esercita attività d’impresa o professionale (art. 29, co. 2, D.LGS. n. 276/2003), la cui azione speciale va tenuta distinta da quella prevista dall’art. 1676 c.c., secondo cui “coloro che, alle dipendenze dell’appaltatore, hanno dato la loro attività per eseguire l’opera o per prestare il servizio possono proporre azione diretta contro il committente per conseguire quanto è loro dovuto, fino alla concorrenza del debito che il committente ha verso l’appaltatore nel tempo in cui essi propongono la domanda”.
Al fine di fornire una tutela rafforzata al credito retributivo dei lavoratori impiegati negli appalti, tale norma riguarda tutte le ipotesi di appalto di opere e servizi ed è invocabile anche quando siano trascorsi due anni dalla cessazione dell’appalto (v. L. FERLUGA, La tutela dei lavoratori e il regime della responsabilità solidale nel contratto di appalto alla luce delle recenti (e forse ultime) modifiche, VTDL, 2018, n. 2, 407).
La disposizione codicistica, inoltre, contempla la possibilità per “gli ausiliari dell’appaltatore” (ossia i dipendenti dell’appaltatore impiegati nell’appalto) di proporre una azione “diretta” contro il committente per conseguire i trattamenti dovuti fino a concorrenza del debito che il committente aveva verso l’appaltatore al momento della proposizione della domanda (Secondo la giurisprudenza di merito – Trib. Bologna 8 giugno 2007, ADL, 2008, 517, con nota di L. IMBERTI, Le responsabilità solidali negli appalti: alla ricerca di un’adeguata tutela delle posizioni ereditarie dei lavoratori -, l’art. 1676 c.c. pone a limite della responsabilità diretta del committente nei confronti dei dipendenti dell’appaltatore il debito che il committente aveva verso l’appaltatore al momento della domanda, dovendosi intendere con tale termine anche la domanda stragiudiziale, ma non la semplice conoscenza che il committente abbia dell’inadempimento del datore di lavoro. In senso conforme, cfr. anche Trib. Torino 15 maggio 2004, GPiem, 2004, 433, secondo cui “ai fini dell’art. 1676 c.c., il momento rilevante per individuare quale sia l’ammontare del debito del committente nei confronti dell’appaltatore è quello della proposizione della domanda giudiziale”. In dottrina, cfr. F. MACARIO, L’azione diretta degli ausiliari nei confronti del committente, in M. COSTANZA (diretto da), L’appalto privato, Utet, 2000).
In altri termini, l’art. 1676 c.c. consente al lavoratore, al pari dell’art. 29, co. 2, D.LGS. n. 276/2003, di agire in via autonoma nei confronti del committente per conseguire quanto gli è dovuto per l’opera o per il servizio svolto, ma, a differenza della tutela prevista dall’art. 29, l’azione può essere proposta nel limite del debito che l’appaltante ha verso l’appaltatore al momento della domanda del lavoratore (con il rischio che la domanda del lavoratore sia esperita quando ormai il committente ha onorato il suo debito con l’appaltatore).
Inoltre, anche se l’azione ex art. 1676 c.c. ricomprende fra i crediti rivendicabili quelli di fonte risarcitoria, l’art. 29, D.LGS. n. 276/2003, pur coprendo solo i trattamenti economici in senso stretto (cioè retributivi, contributivi ed assicurativi), predispone una tutela di più ampio raggio rispetto alla norma codicistica poiché si applica, per un verso, anche ai lavoratori diversi da quelli subordinati e, per l’altro, anche alle imprese, coinvolte nella catena degli appalti, che non siano dirette da committenti del datore di lavoro appaltatore.
Secondo la giurisprudenza (cfr. Cass. 10 marzo 2001, n. 3559, GI, 2001, 1883; Cass. 4 settembre 2000, n. 11607, RIDL, 2001, II, 382; Trib. Trieste 1 ottobre 2014, LG, 2015, 315), con l’azione intrapresa dagli ausiliari dell’appaltatore ex art. 1676 c.c., i lavoratori agiscono verso il committente azionando in via diretta un proprio autonomo diritto nei suoi confronti fondato sulla norma medesima (per la precisione, i dipendenti dell’appaltatore vantano verso l’appaltante un diritto di credito proprio – quindi non derivato -, diretto ed autonomo rispetto al rapporto giuridico che intercorre tra appaltatore e committente), sicché, all’obbligazione del committente verso i dipendenti dell’appaltatore, si aggiunge quella che questi ultimi vantano verso l’appaltatore medesimo. In considerazione dell’autonomia della posizione assunta dai dipendenti dell’appaltatore rispetto al committente, si è ritenuto che l’“azione diretta” sia esperibile anche in caso di fallimento dell’appaltatore e di cessione a terzi del credito dell’appaltatore nei confronti del committente (Cass. 10 luglio 1984, n. 4051, GC, 1985, I, 1744, con nota di V. CAPPUCCILLI, Azione diretta degli ausiliari dell’appaltatore, pubblica amministrazione, fallimento; D. IZZI, Appalti e responsabilità solidale, in M. AIMO, D. IZZI (a cura di), Esternalizzazioni e tutela dei lavoratori, Utet, 2014, 99-100).
La tutela prevista dall’art. 1676 c.c. ha ad oggetto i crediti retributivi maturati dai lavoratori durante l’appalto, con il limite della “concorrenza del debito” che il committente ha verso l’appaltatore al tempo della proposizione della domanda; sono invece estranei all’ambito di operatività della norma i crediti degli enti previdenziali ed assicurativi (contrariamente a quanto avviene con l’art. 29, D.LGS. n. 276/2003). (v. art. 9, co.1, D.L. n. 76/2013, conv. nella L. n. 99/2013).
Nello specifico, l’azione diretta ha ad oggetto la minor somma tra quanto dovuto dal committente all’appaltatore (in forza del contratto di appalto e non in ragione di un diverso titolo) ed il credito retributivo vantato dal lavoratore al momento della richiesta.
I giudici hanno altresì rilevato che “se gli ausiliari dell’appaltatore si rivolgono anche in via stragiudiziale al committente per ottenere il pagamento di quanto ad essi dovuto per l’attività lavorativa da essi svolta nell’esecuzione dell’opera appaltata o per la prestazione di servizi, il committente – il quale in base all’art. 1676 c.c. diviene diretto debitore nei confronti degli ausiliari dell’appaltatore ed è tenuto solidalmente con costui fino alla concorrenza del debito per il prezzo dell’appalto -, non può più pagare l’appaltatore e se paga non è liberato dall’obbligazione nei confronti degli ausiliari” dell’appaltatore medesimo (v. Cass. 22 giugno 2012, n. 10439, RGL, 2013, II, 226, con nota di A. RAIMONDI, La garanzia dei crediti dei lavoratori negli appalti; Cass. 19 aprile 2006, n. 9048; Cass. 18 agosto 2004, n. 15707; Cass. 10 marzo 2001, n. 3559, cit.).
Quanto al campo di applicazione oggettivo della disposizione in esame, la specifica tutela codicistica si applica a tutte le tipologie di appalto (al pari dell’art. 29, D.LGS. n. 276/2003) ed a tutti i datori di lavoro-committenti, comprese le persone fisiche non imprenditori (escluse, invece, esplicitamente dall’ambito di applicazione del citato art. 29), sia agli appalti privati che a quelli pubblici, per i quali ultimi, invece, non trova applicazione l’art. 29, co.2, per espressa previsione dell’art. 9, co.1, D.L. n. 76/2013 (conv. nella L. n. 99/2013).
Relativamente ai destinatari dell’art. 1676 c.c., dal lato dei lavoratori, sono beneficiari della tutela i lavoratori “alle dipendenze dell’appaltatore”. Tuttavia, la legittimazione ad agire ex art. 1676 c.c. – che per l’art. 29, D.LGS. n. 276/2003, è estesa anche ai lavoratori autonomi – spetta esclusivamente ai dipendenti dell’appaltatore con rapporto di lavoro subordinato, che abbiano prestato la loro attività nell’esecuzione dell’appalto.
La tutela si estende, secondo l’orientamento consolidato della giurisprudenza, anche ai dipendenti del subappaltatore. Del resto, il subappalto è un vero e proprio contratto di appalto, che si caratterizza solo per essere derivato da altro contratto stipulato a monte, che ne costituisce il presupposto. Peraltro, l’esigenza normativa di salvaguardare i lavoratori ausiliari dell’appaltatore, preservandoli dai rischi di inadempimento, ricorre sia nell’appalto che nel subappalto (v. Cass. 22 giugno 2012, n. 10439, cit.).
Con riguardo poi ai tempi per l’attivazione della responsabilità solidale ex art. 1676 c.c., la norma non prevede uno specifico limite temporale; sicché, l’azione può essere esperita secondo le ordinarie regole in materia di prescrizione dei crediti di lavoro, con il rischio di essere inammissibile se esperita quando il committente ha già corrisposto all’appaltatore il corrispettivo dovuto. Il che, com’è intuibile, rende preferibile il ricorso all’art. 29, D.LGS. n. 276/2003.
Diversamente, il lavoratore opterà per l’art. 1676 c.c. nei confronti di un committente che sia una pubblica amministrazione oppure una “persona fisica che non eserciti attività di impresa o professionale”; nonché, qualora residui un debito nei confronti dell’appaltatore, nel caso di azione promossa in un momento successivo alla decadenza dell’azione ex art. 29, D.LGS. n. 276/2003.
In sintesi, ai fini della proposizione dell’azione diretta ex art. 1676 c.c., occorrono:
- rapporto di lavoro subordinato alle dipendenze dell’appaltatore;
- sussistenza di un credito di lavoro dipendente in capo ai lavoratori, non adempiuto dall’appaltatore-datore di lavoro (artt. 2099 e ss. c.c.);
- sussistenza di un credito dell’appaltatore verso il committente, in relazione al compimento dell’opera o del servizio (art. 1657 c.c. Il dipendente che propone l’azione diretta nei confronti del committente ha l’onere di provare l’importo effettivo del debito di quest’ultimo nei confronti dell’appaltatore al momento della domanda (art. 2697 c.c.) (Cfr. Trib. Monza 12 giugno 2002, GMil, 2002, 363).
Inoltre, l’azione ai sensi dell’art. 1676 c.c.:
– ha natura diretta ed eccezionale (Trib. Grosseto 3 maggio 2005, LG, secondo cui “l’art. 1676 c.c. attribuisce ai lavoratori un’azione eccezionale che trova giustificazione proprio nel beneficio che il committente trae dai risultati conseguiti dallo svolgimento della attività da parte dei lavoratori dipendenti dell’impresa appaltatrice”).
– si differenzia dall’azione surrogatoria di cui all’art. 2900 c.c. (Cass. 10 marzo 2001, n. 3559, cit., secondo cui “con l’azione prevista dall’art. 1676 c.c. i dipendenti dell’appaltatore fanno valere nei confronti del committente un diritto proprio, che la legge loro riconosce non in sostituzione del loro debitore, ma direttamente, ed i cui effetti economici si producono da un lato nel patrimonio nel committente, e dall’altro nella sfera dei dipendenti stessi; al contrario di quanto avviene nell’azione surrogatoria, caratterizzata dalla sostituzione del creditore al proprio debitore per far valere un diritto appartenente a quest’ultimo, e per ottenere che il bene oggetto del giudizio possa rientrare nel patrimonio del soggetto sostituito”);
– è distinta ed autonoma rispetto a quella che, eventualmente, venga simultaneamente proposta nei confronti dell’appaltatore-datore di lavoro (v. Cass. 4 settembre 2000, n. 11607, RIDL, 2001, II, 382, con nota di M. CATTANI, Sulla competenza e il litisconsorzio necessario nell’azione promossa dal lavoratore contro il committente ex art. 1676 c.c.);
– può essere esperita anche dai dipendenti del subappaltatore nei confronti del sub-committente o subappaltante (v. Cass. 9 agosto 2003, n. 12048, MGL, 2004, 618);
– va proposta dinanzi al Tribunale monocratico in funzione di giudice del lavoro (v. Cass. 14 dicembre 1998, n. 12551; Cass. 24 ottobre 1996, n. 9303)
L’azione speciale di cui all’art. 29, D.LGS. n. 276/2003 si distingue dall’azione codicistica di cui all’art. 1676 c.c. sotto i seguenti profili:
- legittimazione attiva: l’azione di cui all’art. 29, D.LGS. n. 276/2003 può essere esperita dai lavoratori tout court (subordinati; autonomi; collaboratori con altre forme di collaborazione); l’azione di cui all’art. 1676 c.c. può essere proposta dai soli “ausiliari” dell’appaltatore, cioè da lavoratori legati da un rapporto di lavoro subordinato con l’appaltatore;
- legittimazione passiva: l’azione di cui all’art. 29, D.LGS. n. 276/2003 non può essere esercitata contro il committente-persona fisica che non esercita l’attività d’impresa, diversamente da quanto previsto dall’azione codicistica;
- tutela applicabile: nel caso di esperimento dell’azione di cui all’art. 1676 c.c. il committente risponde pro quota nei limiti del quantum debeatur all’appaltatore; nell’azione di cui all’art. 29, D.LGS. n. 276/2003 il committente risponde per l’intero ammontare del credito vantato dai lavoratori impegnati nell’appalto;
- termine di decadenza: l’azione speciale di cui all’art. 29, D.LGS. n. 276/2003 è sottoposta ad un termine di decadenza di 2 anni dalla cessazione dell’appalto che non è invece previsto per l’azione codicistica ex art. 1676 c.c.
Fabrizio Girolami