La comunicazione alle organizzazioni sindacali dell’intenzione di ridurre il personale non deve necessariamente predeterminare i criteri di scelta dei lavoratori da licenziare.
Nota a Cass. 10 settembre 2018, n. 21964
Paolo Pizzuti
I criteri di scelta dei lavoratori destinatari di un licenziamento collettivo per riduzione di personale non vanno necessariamente predeterminati nella comunicazione al sindacato circa la riduzione di personale, “ma sono stabiliti dall’accordo sindacale o, sussidiariamente, dalla legge; solo la violazione dei criteri individuati da tali fonti può determinare l’illegittimità del recesso e non certo la divergenza rispetto ad eventuali criteri preannunciati nella comunicazione di apertura, ove non siano stati espressamente trasfusi nell’accordo sindacale o nella comunicazione ex art. 4, co. 9, I. n. 223 del 1991”.
Lo ha ribadito la Corte di Cassazione (10 settembre 2018, n. 21964), in linea con il prevalente orientamento giurisprudenziale (v. Cass. n. 18504/2016 e Cass. n. 13794/2015), secondo cui, “l’imprenditore può limitarsi all’indicazione del numero complessivo dei lavoratori eccedenti, suddiviso tra i diversi profili professionali previsti dalla classificazione del personale occupato nell’azienda, senza che occorra l’indicazione degli uffici o reparti con eccedenza” (in termini: Cass. nn. 21718/2018; 23526/2016; e 22543/2016). Inoltre, l’eventuale divergenza nel numero degli esuberi tra comunicazione preventiva e comunicazione finale (ex art. 4, co. 9, L. n. 223/1991) “non costituisce di per sé ragione di illegittimità della risoluzione del singolo rapporto individuale di lavoro, potendo essa rappresentare proprio il frutto della procedura prevista dalla legge” (Cass. n. 18504/2016, cit.).
Con specifico riguardo alle caratteristiche della “comunicazione preventiva” attinente ai licenziamenti collettivi per riduzione di personale (v. art. 4, co. 2, L. n. 223/1991, come richiamato dall’art. 24, co. 1, stessa legge), la sentenza in esame ha poi evidenziato che essa:
a) esprime, mediante una manifestazione unilaterale destinata a misurarsi nel confronto sindacale, l’”intenzione” dell’impresa di procedere al licenziamento de quo;
b) deve avere i contenuti di cui al co. 3 dell’art. 4, ossia contenere l’indicazione dei motivi che determinano la situazione di eccedenza e di quelli tecnici, organizzativi o produttivi, per i quali si ritiene di non poter adottare misure idonee a porre rimedio alla predetta situazione ed evitare, in tutto o in parte, il licenziamento collettivo; dei tempi di attuazione del programma di riduzione del personale; del numero, della collocazione aziendale e dei profili professionali del personale eccedente nonché del personale abitualmente impiegato; delle eventuali misure programmate per fronteggiare le conseguenze sul piano sociale della attuazione del programma medesimo; e del metodo di calcolo di tutte le attribuzioni patrimoniali diverse da quelle già previste dalla legislazione vigente e dalla contrattazione collettiva. Alla comunicazione va altresì allegata copia della ricevuta del versamento all’INPS, a titolo di anticipazione sulla somma di cui all’art. 5, co. 4, di una somma pari al trattamento massimo mensile di integrazione salariale moltiplicato per il numero dei lavoratori ritenuti eccedenti;
c) deve essere indirizzata al sindacato (va cioè inviata per iscritto alle “rappresentanze sindacali aziendali costituite a norma dell’art. 19 della L. 20 maggio 1970, n. 300, nonché alle rispettive associazioni di categoria. In mancanza delle predette rappresentanze, la comunicazione deve essere effettuata alle associazioni di categoria aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale. La comunicazione alle associazioni di categoria può essere effettuata per il tramite dell’associazione dei datori di lavoro alla quale l’impresa aderisce o conferisce mandato”. E copia della comunicazione e della ricevuta del versamento di cui al co.3 devono essere contestualmente inviate all’Ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione (art. 4, co.2 e 4);
d) è finalizzata a promuovere un “esame congiunto” tra impresa e organizzazioni sindacali “allo scopo di esaminare le cause che hanno contribuito a determinare l’eccedenza di personale e le possibilità di utilizzazione diversa di tale personale, o di una sua parte” (co. 5, art. 4, L. n. 223/ 1991). Per tale via, si consente all’interlocutore sindacale di esercitare in maniera trasparente e consapevole un effettivo controllo sulla programmata riduzione di personale (v., tra le tante, Cass. n. 5034/2009 e n. 15479/2007). La comunicazione si porrebbe, invece, in contrasto con l’obbligo normativo di trasparenza laddove: “a) i dati comunicati dal datore di lavoro siano incompleti o inesatti; b) la funzione sindacale di controllo e valutazione sia stata limitata; c) sussista un rapporto causale fra l’indicata carenza e la limitazione della funzione sindacale” (Così, Cass. n. 21718/2018; v. anche Cass. nn. 7490/2015 e 880/2013).
Per quanto concerne infine l’applicazione dei criteri di scelta (art. 5, L. n. 223/1991), ove non predeterminati da accordi collettivi, la Cassazione si uniforma all’indirizzo giurisprudenziale prevalente secondo cui “la regola del concorso dei criteri, se impone al datore di lavoro una valutazione globale dei medesimi, non esclude tuttavia che il risultato comparativo possa essere quello di accordare prevalenza ad uno di detti criteri e, in particolare, alle esigenze tecnico-produttive, essendo questo il criterio più coerente con le finalità perseguite attraverso la riduzione del personale, sempre che naturalmente una scelta siffatta trovi giustificazione in fattori obiettivi, la cui esistenza sia provata in concreto dal datore di lavoro e non sottenda intenti elusivi o ragioni discriminatorie” (v., fra tante, Cass. n. 22824/2009 e Cass. n. 11866/2006).