I docenti universitari in attività assistenziale esclusiva presso il Servizio Sanitario Regionale non possono ricevere un trattamento economico superiore a quello del dirigente medico cui sono equiparati.
Nota a Consiglio di Stato, Sez. VI, 6 luglio 2018, n. 4131
Maria Novella Bettini
Le indennità di posizione e di risultato nonché la cosiddetta indennità di esclusività in favore dei docenti universitari che hanno optato per l’attività assistenziale in via esclusiva possono essere riconosciute e corrisposte soltanto dopo l’attuazione completa della disciplina di cui all’art. 6, D.LGS. n. 517/1999 e cioè a condizione che siano stati preventivamente stipulati gli appositi accordi tra Regione e Università.
È quanto rilevato dal Consiglio di Stato (Sez. VI, 6 luglio 2018 n. 4131), il quale, nel confermare la sentenza del Tar della Liguria, ha puntualmente ricostruito il quadro normativo di riferimento, precisando che:
1) ai sensi dell’art. 6, co.1, D.LGS. n. 517/1999: “1. Fermo restando l’obbligo di soddisfare l’impegno orario minimo di presenza nelle strutture aziendali per le relative attività istituzionali”, ai professori e ricercatori universitari, che svolgono attività assistenziale presso le aziende e le strutture sanitarie (di cui al co. 1 dell’art. 5), si riconosce (ndr. nei limiti delle risorse attribuite), oltre ai compensi legati alle particolari condizioni di lavoro, ove spettanti, oltre al trattamento economico erogato dall’università:
a) un trattamento aggiuntivo graduato in relazione alle responsabilità connesse ai diversi tipi di incarico;
b) un trattamento aggiuntivo graduato in relazione ai risultati ottenuti nell’attività assistenziale e gestionale, valutati secondo parametri di efficacia, appropriatezza ed efficienza, nonché all’efficacia nella realizzazione della integrazione tra attività assistenziale, didattica e di ricerca”.
2) le indennità di posizione e di risultato, (oltre a dover tener conto delle risorse specificamente disponibili), devono essere “graduate” “in relazione alle responsabilità connesse ai diversi incarichi ed ai risultati ottenuti, e sulla base di “parametri” (come la pesatura delle strutture e la misurazione del peso dei relativi incarichi) previamente concordati. In altri termini, occorre quantificare le indennità in questione, tenendo conto degli elementi organizzativi e funzionali che connotano le diverse posizioni ed attività dei medici universitari (in conformità, v. Cons. Stato, III sez., n. 85/2018, di conferma di Tar Liguria I n. 1398/2014).
3) l’individuazione dei suddetti parametri è demandata ad atti di programmazione, o comunque generali, prefissati tra Regione ed Università e tra Università ed Azienda sanitaria (la necessità che la corresponsione dei trattamenti aggiuntivi previsti dall’art. 6, co. 1, D.LGS. n. 517/1999 e dall’art. 3, DPCM 24 maggio 2001, avvenga dopo l’adozione di atti pattizi attuativi è ribadita dalla giurisprudenza: v. Cons. Stato, VI, n. 7298/2010; n. 389/2010 e n. 6301/2009; Tar Bari, II, n. 724/2012). Tali protocolli d’intesa sono stipulati in conformità ad apposite linee guida (adottate con il DPCM 24 maggio 2001). Al riguardo, è interessante rilevare quanto “suggerito” dai giudici per i quali: “…in questa situazione, caratterizzata da una prolungata assenza di criteri e parametri integrativi e attuativi, non sembrerebbero esservi ostacoli alla attivazione, da parte degli interessati, della procedura del silenzio e del ricorso avverso il silenzio della P.A…”.
4) i trattamenti economici aggiuntivi sono applicabili solo successivamente alla completa attuazione della disciplina descritta dall’art. 6 D.LGS. n. 517/1999 e la loro attribuzione è condizionata dai criteri e parametri individuati dagli specifici accordi tra la Regione e le Università aventi ad oggetto la graduazione dell’indennità di posizione (in relazione alle responsabilità connesse ai diversi tipi di incarico) e dell’indennità di risultato (in relazione alla valutazione dei risultati ottenuti nell’attività assistenziale).
5) In attesa dell’adozione dei suddetti atti pattizi “intermedi” fra Regione e Università e tra Università e Azienda sanitaria, viene attribuito ai medici universitari un “trattamento economico di equiparazione” cui fa riferimento il co.2 del citato art. 6, D.LGS. n. 517/1999; inoltre, nella fattispecie, i medici fruiscono della c.d. indennità De Maria, in via transitoria fino a che non saranno concluse le trattative dirette alla sottoscrizione di un protocollo attuativo di intesa tra Regione e Università, così da poter passare definitivamente dalla “logica perequativa”, o “sistema di equiparazione”, al “sistema dei trattamenti economici aggiuntivi” (indennità di posizione e di risultato, oltre alla indennità di esclusività).
Nello specifico, il “sistema perequativo c.d. De Maria”, di cui all’art. 31, DPR n. 761/1979, garantisce l’equiparazione del trattamento economico complessivo tra medici ospedalieri e medici universitari che svolgono attività assistenziale in convenzione con il Servizio sanitario regionale al nuovo sistema c.d. dei “trattamenti aggiuntivi graduati” di cui agli artt. 5 e 6, D.LGS. n. 517/1999, “sistema nuovo che è sostitutivo e non aggiuntivo o cumulativo, rispetto a quello precedente” (v., fra le tante, Cons. Stato, VI, n. 1001/ 2015, che evidenzia il carattere alternativo tra i due sistemi;v., poi, Cass. n. 5510/2018, secondo cui, in base alla “De Maria” va concessa la perequazione economica al dipendente che rientra nel personale universitario e che grazie a un concorso interno sia passato dalla posizione C4 alla D, equivalente a quella di dirigente del comparto sanitario).
6) Con specifico riferimento all’indennità di esclusività, i giudici rilevano come la stessa sia distinta ed autonoma rispetto all’indennità di posizione e di risultato, nonché disciplinata da una disposizione differente (essenzialmente, l’art. 5, co.3, D.LGS. n. 517/1999). Essa remunera il carattere esclusivo del rapporto di lavoro e spetta, in aggiunta alla retribuzione, ai medici ospedalieri, per effetto dell’art. 15-quater, co.5, D.LGS. n. 502/1992, e ai medici docenti universitari che svolgono attività assistenziale in via esclusiva per effetto del rinvio normativo contenuto nel citato art. 5, co.3, D.LGS. n. 517/1999. Inoltre, l’indennità in questione non è subordinata alla definizione di atti applicativi e attuativi, a differenza delle indennità di posizione e di risultato. Nello specifico, l’emolumento compete ai medici universitari che svolgono attività assistenziale presso il SSR purché ricorra una serie di condizioni: 1. deve essere intervenuto “il convenzionamento delle strutture alle quali i medici risultano addetti, decorrendo da tale momento (ai sensi degli artt. 39, L. n. 833/1978 e 102, co.1, DPR n. 382/1980) la correlazione del docente universitario al quadro dell’organico e dell’attività assistenziale del Servizio sanitario nazionale, con le conseguenti connessioni con il trattamento economico della dirigenza medica previste dalla normativa in materia”; 2. il medico universitario deve aver optato per l’attività assistenziale in rapporto di lavoro esclusivo; 3. “l’indennità dev’essere corrisposta secondo la quantificazione e la disciplina stabilite con i CCNL della dirigenza medica, in base alla equiparazione tra le categorie della dirigenza medica suddetta e quelle dei professori e ricercatori universitari in attività assistenziale; 4. i docenti universitari in attività assistenziale esclusiva non possono comunque godere di un trattamento economico complessivo superiore a quello del dirigente medico cui siano stati equiparati” (sul punto, v. Cons. Stato, VI, sez. nn. 2232 e 7298 del 2010).
Orbene, nella fattispecie in esame risulta che nel computo del trattamento perequativo globale, o trattamento economico di equiparazione, era già stata considerata e corrisposta una somma equivalente all’ammontare del – l’indennità di esclusività, quale parte integrante del trattamento retributivo complessivo (il che è anche comprovato dai “cedolini stipendiali”, dai quali risulta che il “monte stipendiale” sul quale è stato applicato il meccanismo perequativo comprende anche detto elemento).
La indennità di esclusività, secondo il Consiglio di Stato, rientra nel trattamento perequativo globale, “a pena di una inammissibile e indebita duplicazione dello stesso tipo di emolumento…o di una, ugualmente non consentita, violazione del principio della equiparazione del trattamento economico complessivo tra il personale medico universitario, impegnato in via esclusiva in attività assistenziale, e quello delle USL, di pari qualifica e anzianità, il che si traduce nel criterio di non attribuire ai “medici universitari” un trattamento economico – complessivo – superiore a quello del personale medico ospedaliero al quale i docenti universitari risultino equiparati”.
Il Collegio non contesta, dunque, l’attribuibilità, in astratto, della indennità suindicata agli appellanti, quanto, invece, la determinazione in concreto della indennità di esclusività (come detto, riconosciuta, alle condizioni sopra specificate, sulla base dell’art. 5, D.LGS. n. 517/1999, cit.). Ciò, sul presupposto che “detta determinazione, come ragionevolmente ritenuto dal giudice di primo grado, non può prescindere da quanto gli interessati abbiano già ottenuto in sede di riconoscimento e liquidazione del trattamento perequativo globale, in attesa del passaggio dal sistema di equiparazione al nuovo sistema, verificandosi, in caso contrario, un arricchimento ingiustificato”.