Il trattamento economico aggiuntivo attribuito in via continuativa al lavoratore trasferito all’estero rientra nel calcolo del TFR.
Nota a Cass. (ord.) 12 settembre 2018, n. 22197
Kevin Puntillo
Ai fini della individuazione della natura retributiva ovvero di rimborso spese di una voce del trattamento corrisposto per lo svolgimento di lavoro all’estero o in altra sede lavorativa, qualora non siano state pattuite precise ed inequivoche clausole contrattuali ed in mancanza di deroga espressa da parte del ccnl (ai sensi dell’art. 2120, co. 2,c.c.), l’erogazione ricevuta rientra nei caratteri propri della retribuzione laddove ricorrano precisi indici sintomatici, quali: “a) la continuità, periodicità ed obbligatorietà della somma corrisposta o del beneficio riconosciuto, b) l’assenza di giustificativi di spesa, c) la natura compensativa del disagio o della penosità della prestazione resa, d) il rapporto di necessaria funzionalità con la prestazione lavorativa, e) la sottesa garanzia di salvaguardia del livello retributivo e di adeguamento ai maggiori oneri derivanti dal nuovo ambiente di lavoro, f) il prelievo contributivo effettuato (la cui mancanza non può, tuttavia, deporre necessariamente nel senso della connotazione quale esborso della indennità riconosciuta e della esclusione della natura retributiva”.
Così, si è espressa la Corte di Cassazione con ordinanza 12 settembre 2018, n, 22197, in relazione alla natura retributiva di un compenso per lo svolgimento di lavoro in altra sede, ai fini del computo del trattamento di fine rapporto (TFR).
La Corte osserva che il principio della onnicomprensività della retribuzione da prendere a base del TFR, di cui all’art. 2120 c.c.., può essere derogato solo dai ccnl, a condizione che gli stessi prevedano in modo esplicito la deroga; e che, ai sensi sempre dell’art. 2120 c.c.., qualora i ccnl non contengano una diversa previsione, la retribuzione annua comprende tutte le somme corrisposte a titolo non occasionale e non di rimborso spese e che “l’esclusione di una o più voci dalla base retributiva, costituendo deroga all’indicato principio, presuppone in primo luogo una volontà della norma collettiva che neghi espressamente l’inclusione ed esige, poi, una specifica prova di questa negazione da parte di colui che l’invochi” (v. Cass. n. 15889/2014).
Ciò posto, in mancanza di una precisa indicazione da parte della contrattazione collettiva, è indice della natura non retributiva dell’emolumento “la finalità di tenere indenne il lavoratore da spese che quest’ultimo non avrebbe incontrato se non fosse stato trasferito e che ha sostenuto nell’interesse dell’imprenditore (non attinenti, perciò, all’adempimento degli obblighi impliciti nella prestazione lavorativa, cui egli è contrattualmente tenuto)”.
Pertanto, con riguardo al trattamento economico aggiuntivo attribuito al lavoratore che presti la propria opera all’estero (ossia presso altra sede lavorativa), va riconosciuta natura retributiva alle somme erogate al suddetto titolo qualora si tratti di “somme compensative della maggiore gravosità e del disagio morale ed ambientale dell’attività lavorativa prestata, presso la sede oggetto di trasferimento, per adempiere, sia pur indirettamente, gli obblighi della prestazione lavorativa, assumendo rilievo non il carattere forfetario o meno dell’erogazione, ma esclusivamente il collegamento sinallagmatico con la prestazione lavorativa, risolvendosi la corresponsione dell’importo in un adeguamento della retribuzione per i maggiori esborsi in considerazione delle (mutate) condizioni ambientali in cui il lavoratore presta la propria attività” (v. Cass. n. 4340/2018; Cass. n. 1314/2017 e Cass. n. 15217/2016).
Nella fattispecie, la Corte territoriale aveva ritenuto, con decisione confermata dalla Cassazione che l’elargizione per abitazione, corrisposta al funzionario trasferito con familiari conviventi, pur in assenza di un diretto riconoscimento nella normativa contrattuale di settore: 1) aveva un carattere continuativo e periodico; 2) era stata corrisposta per diversi anni consecutivi, e non a titolo, anche parziale, di rimborso spese; 3) aveva il carattere di erogazione forfetaria che il funzionario riceveva senza essere tenuto a dimostrare di aver sostenuto spese specifiche.
(In tema, v., in questo sito, G. CATANZARO, Natura retributiva del c.d. trattamento estero, Nota ad App. Firenze 9 marzo 2018, n. 151).