Il licenziamento intimato come allegato di un messaggio di posta elettronica semplice è invalido ed inefficace.
Nota a Trib. Santa Maria Capua Vetere 25 settembre 2018, n. 24815
Annarita Lardaro
Il licenziamento comunicato al lavoratore in allegato ad un messaggio di posta elettronica semplice è invalido e inefficace per difetto di prova della conoscibilità da parte del destinatario ai sensi dell’art. 1335 c.c.
Questo è quanto ha statuito il Tribunale di Santa Maria Capua a Vetere con la sentenza n. 24815 del 25 settembre 2018.
Il caso traeva origine dal ricorso introduttivo presentato da una lavoratrice, la quale lamentava di essere stata licenziata soltanto in via orale e, dunque, chiedeva al Giudice, in via principale, di dichiarare l’illegittimità del licenziamento per la carenza di forma scritta (art. 2 L. n. 604/66) o, in subordine, di accertare la manifesta insussistenza del fatto posto alla base del recesso per giustificato motivo oggettivo. Di contro, il datore di lavoro, nella memoria difensiva, resisteva esponendo di aver inviato alla ricorrente una comunicazione via mail con la quale avvertiva la lavoratrice della risoluzione del suo rapporto di lavoro e, in subordine, eccepiva, comunque, la legittimità del licenziamento in quanto giustificato da necessità di riduzione del personale dovuta ad una crisi dell’impresa.
Il Giudice di prime cure, nel decidere della controversia, ha preliminarmente osservato che la copia della mail prodotta dal datore di lavoro presentava in oggetto “risposta a richiesta ferie” con un allegato che, tuttavia, non era stato prodotto in giudizio dalla resistente. Parimenti, alcuna prova di avvenuta consegna della suddetta mail era stata presentata dinnanzi all’autorità giudiziaria.
Al riguardo, il Tribunale osserva che, ai fini di valutare l’efficacia del licenziamento impugnato, la questione dirimente è l’idoneità del messaggio di posta elettronica semplice a costituire prova della ricezione della lettera di recesso allo stesso allegato, al fine di ritenere operante la presunzione di cui al combinato disposto degli artt. 1334 e 1335 c.c. Essendo infatti l’intimazione del licenziamento un atto unilaterale recettizio (i cui effetti cioè si producono solo al momento della conoscenza del destinatario), deve applicarsi la presunzione di conoscenza sancita dalle suddette previsioni, presunzione che opera per il solo fatto dell’arrivo della dichiarazione nella sfera di conoscenza del destinatario.
Posto quanto sopra, il datore di lavoro ha, nel caso di specie, soltanto fornito una prova della spedizione del messaggio di posta elettronica, senza, di contro, allegare agli atti alcuna ricevuta di avvenuta accettazione da parte del sistema informatico della mail che, tra l’altro, è stato inviata ad un indirizzo di posta elettronica non certificata.
Il tenore letterale dell’art. 1335 c.c. lascia chiaramente intendere, secondo il Tribunale di Santa Maria Capua a Vetere, che le dichiarazioni unilaterali recettizie si reputano conosciute soltanto nel momento in cui entrano nella sfera di conoscibilità del destinatario.
Nel caso in esame, il messaggio di posta elettronica semplice non consente di ritenere in alcun modo comprovata la consegna della mail con relativo allegato all’indirizzo del destinatario e, dunque, che la lavoratrice ne sia venuta effettivamente a conoscenza (per un approfondimento di tale tematica, si v. “Comunicazione del licenziamento e strumenti tecnologici” di G.I. Vigliotti, in questo sito alla sezione “Indirizzi operativi”).
In conclusione, quindi, il Giudice ha ritenuto che non vi sia stata alcuna prova della comunicazione per iscritto del licenziamento intimato dalla società per giustificato motivo oggettivo con la lettera inviata a mezzo mail, dichiarando, pertanto, l’illegittimità dello stesso ai sensi dell’art. 2 co. 1 e 3, L. n. 604/1966, in quanto nullo ed inefficace per difetto di forma scritta e condannando la controparte datoriale a reintegrare nel posto di lavoro la lavoratrice e a corrisponderle un’indennità risarcitoria commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto dalla data del licenziamento a quella dell’effettiva reintegra.