I sindacati “trattanti” possono istituire rsa ex art. 19 Stat. lav. mentre occorrono requisiti diversi per il criterio della diffusione nazionale necessario agli organismi locali dei sindacati legittimati a ricorrere contro la condotta antisindacale del datore di lavoro ex art. 28 Stat. Lav.

Nota a Trib. Monza 4 ottobre 2018

Maria Novella Bettini

La rappresentanza sindacale aziendale può essere costituita anche nell’ambito di associazioni sindacali non firmatarie dei contratti collettivi applicati nell’unità produttiva, ma che abbiano comunque partecipato alla negoziazione relativa agli stessi contratti quali rappresentanti dei lavoratori dell’azienda. In tal modo, va interpretato l’art. 19 Stat. Lav. secondo la Corte Costituzionale (n. 231/2013), la quale ha inteso porre rimedio ad una disposizione che si traduceva di fatto “in una forma impropria di sanzione del “dissenso”, condizionando la libertà del sindacato in ordine alla scelta delle forme di tutela ritenute più appropriate per i suoi rappresentanti”, poiché il sindacato, pur avendo acquisito la rappresentatività, in conseguenza del negato accesso al tavolo delle trattative “subiva l’effetto legale di estromissione anche dalle prerogative sindacali che l’art. 19 automaticamente collega alla decisione di non sottoscrivere il contratto collettivo”.

La rappresentatività sindacale, inoltre, non può essere subordinata alla sottoscrizione di un accordo interconfederale (quale quello del 10 gennaio 2014). Le S.U. della Corte di Cassazione n. 13978/2017 hanno infatti chiarito che, qualora una sigla sindacale aderisca all’accordo interconfederale 2014 ed abbia una RSU (con conseguente diritto di indire l’assemblea disgiuntamente e non solo collegialmente), ciò non significa che “le sigle esterne all’accordo interconfederale per godere delle prerogative menzionate non possano fare direttamente riferimento alle legge (titolo III L. 300/70)”, dimostrando di essere una sigla rappresentativa ai sensi dell’art. 19 Stat. Lav. e di avere, di conseguenza, il diritto di costituire una propria RSA e di esercitare il diritto di assemblea direttamente previsto al successivo art. 20 Stat. Lav.

È quanto precisato da Trib. Monza 4 ottobre 2018, in relazione al ricorso di un sindacato che rilevava: a) di godere della rappresentatività sulla base della sentenza della citata Corte Cost. n. 231/2013; b) e che la presenza in azienda di una RSU non può impedire alla sigla ricorrente di costituire o nominare una sua RSA, in quanto ai sensi dell’art. 39 Cost. per quest’ultima non vi è obbligo di aderire all’attuale modello di rappresentanza unitaria previsto dal menzionato accordo del 10 gennaio 2014. Il sindacato rivendicava, pertanto, il diritto di costituire RSA ex art. 19 Stat. Lav., di indire assemblea nel luogo di lavoro ai sensi dell’art. 20, Stat. Lav. e di esercitare le prerogative di cui al titolo III Stat. Lav., con conseguente declaratoria di antisindacalità del comportamento posto in essere dall’azienda convenuta.

Il Tribunale chiarisce anche che i requisiti di cui all’art. 19, Stat. Lav. (per la costituzione di rappresentanze sindacali, titolari dei diritti di cui al titolo III) non vanno confusi con la legittimazione prevista ai fini del successivo art. 28 sulla repressione della condotta antisindacale del datore di lavoro.

Tale disposizione fa infatti riferimento al requisito della nazionalità che consiste in “un’azione diffusa a livello nazionale, che non necessariamente deve coincidere con la stipula di contratti collettivi di livello nazionale” e che “non può desumersi da dati meramente formali e da una dimensione statica, puramente organizzativa strutturale, dell’associazione” (v., fra tante, Cass. n. 21931/2014 e n. 16637/2014).

In sostanza, dunque, la diffusione del sindacato a livello nazionale e lo svolgimento di un’effettiva azione sindacale su gran parte del territorio nazionale rendono non indispensabile l’adesione, da parte dell’associazione, ad una confederazione, né postulano che questa debba essere maggiormente rappresentativa.

I giudici elencano anche gli elementi ritenuti significativi, nella fattispecie, per concretizzare il requisito della diffusione nazionale del sindacato che ricorra ex art. 28 Stat. Lav. (repressione della condotta antisindacale). E cioè: adesione ad una confederazione unitaria di base che raggruppa più categorie; struttura nazionale della sigla ricorrente; organizzazione della suddetta sigla in congresso, comitato direttivo, comitato esecutivo e segreteria; presenza in ben 39 strutture territoriali su gran parte del territorio nazionale; partecipazione a convegni e interventi sulla sicurezza sul lavoro, sul diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali e su varie questioni attinenti il CNEL; partecipazione a confronti tecnici presso i rispettivi ministeri di competenza su vari argomenti ed a tavoli di lavoro in varie sedi istituzionali; partecipazione a varie audizioni da parte delle commissioni parlamentari d’inchiesta su diverse questioni riguardanti la sicurezza sul lavoro e il rapporto di lavoro; interventi sulle piattaforme di rinnovo di diversi ccnl di settore; stipulazione di accordi in materia di procedure di mobilità, premio di risultato variabile, appalti scolastici, attuazione di iniziative di sciopero nel settore della ristorazione collettiva e dei servizi di igiene ambientale; numerosi tentativi obbligatori di conciliazione per il medesimo settore; coinvolgimento nelle procedure di riduzione del personale/licenziamenti collettivi in aziende diffuse sul territorio nazionale; convocazione di assemblee sindacali, contrattazioni aziendali ed iniziative di protesta; sigla di un verbale di accordo (con l’azienda resistente) sugli orari di lavoro; sottoscrizione di tre accordi sulla turnazione del lavoro domenicale, sulla definizione dei passaggi di livello previsti dal ccnl e sulle ferie ed il loro godimento nonché sul congelamento temporaneo dell’aumento da 36 a 38 ore settimanali di lavoro stabilite dal ccnlL applicato in azienda.

Inoltre, come rilevato dalla Corte territoriale, accanto all’effettiva azione sindacale su gran parte del territorio nazionale, la disposizione statutaria, nel riferirsi agli organismi periferici del sindacato intende consentire la promozione in giudizio delle istanze sindacali più idonee a conoscere da vicino gli interessi collettivi colpiti dalla condotta datoriale e a decidere tempestivamente sull’opportunità di proposizione del ricorso.

Il comportamento antisindacale del datore di lavoro deve poi essere connotato dal requisito dell’attualità. Nella fattispecie, il Tribunale, nell’accogliere il ricorso del sindacato, osserva che sussisteva l’attualità dell’azione, poiché gli effetti di tale comportamento, e cioè l’inibizione alla sigla ricorrente del diritto di costituire la RSA e di esercitare le relative prerogative, nonché la compressione del diritto di assemblea, perduravano; e che il solo esaurirsi della lamentata azione del datore di lavoro, non può precludere l’intervento del giudice volto alla cessazione degli effetti lesivi prodotti, laddove gli stessi risultino “tuttora persistenti ed idonei a ledere interessi comunque riconducibili alla organizzazione sindacale”.

Rappresentatività e nazionalità del sindacato
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