L’incidente stradale occorso al dipendente, durante il tragitto per raggiungere con la propria automobile il luogo di lavoro, non integra un infortunio in itinere se l’utilizzo del mezzo privato non sia necessitato.
Nota a Cass. 25 settembre 2018, n. 22670
Osvaldo Landolfi
L’infortunio in itinere non può ravvisarsi nel caso di incidente stradale subito dal lavoratore che abbia raggiunto con il proprio automezzo il luogo di svolgimento della prestazione lavorativa, se l’uso del veicolo privato non rappresenti una necessità, in assenza di soluzioni alternative, ma una libera scelta del dipendente medesimo, “tenuto conto che il mezzo di trasporto pubblico costituisce lo strumento normale per la mobilità delle persone e comporta il grado minimo di esposizione al rischio della strada.”
È quanto ribadito dalla Corte di Cassazione (25 settembre 2018, n. 22670), in relazione al ricorso dell’erede di un prestatore (volto al conseguimento della rendita ai superstiti e dell’indennità per inabilità temporanea assoluta) deceduto a seguito di incidente stradale verificatosi mentre raggiungeva il luogo di lavoro con il proprio autoveicolo.
Per i giudici di legittimità, cosi come correttamente rilevato dalla Corte d’Appello di Potenza (sentenza del 23 gennaio 2013), l’infortunio in itinere può configurarsi qualora sia data prova della necessità dell’uso della vettura privata per raggiungere il luogo di lavoro.
Nella specie, tuttavia, i giudici ne hanno escluso la sussistenza in quanto l’erede del lavoratore deceduto si era unicamente limitato a dedurre, in modo generico, la mancanza di un valido collegamento con mezzi pubblici tra il luogo di abitazione del de cuius e quello di lavoro.
In particolare, egli aveva affermato – “senza provarlo o offrire di provarlo (la pianta della città depositata in appello non aveva alcun valore, in quanto priva di autenticità e tardivamente prodotta)” – “che l’alternativa all’uso del mezzo privato sarebbe stata rappresentata dall’utilizzo di due mezzi pubblici in successione, con capolinea del secondo mezzo distante circa un chilometro dai luogo di lavoro, il tutto con notevole disagio, senza fornire, però, ulteriori specificazioni atte a suffragare una tale prospettazione difensiva.”
(V., in senso conforme, Cass. 6 ottobre 2014, n. 19940 e Cass. 3 novembre 2011, n. 22759. In argomento si v. anche la recente Cass. S.U. 22 maggio 2018, n. 12566, con nota di F. DURVAL, Infortunio in itinere, rendita per invalidità permanente, risarcimento del danno e compensazione, in questo sito, relativa al risarcimento del danni in seguito ad infortunio in itinere. A riguardo, la Cassazione ha rilevato che “l’importo della rendita per l’inabilità permanente corrisposta dall’INAIL per l’infortunio in itinere occorso al lavoratore va detratto dall’ammontare del risarcimento dovuto, allo stesso titolo, al danneggiato da parte del terzo responsabile del fatto illecito”).