A tutela della posizione del lavoratore, quando il “ritrasferimento” di un’azienda (con continuazione aziendale da parte dell’apparente retrocessionario e cessazione da parte del retrocedente) cela la non prosecuzione dell’attività presso il retrocessionario e la continuazione di essa presso il retrocedente, si configura un comportamento sostanzialmente frodatorio del diritto alla prosecuzione del rapporto di lavoro, in quanto “la retrocessione dell’azienda assume il carattere di mero atto formale ed il rapporto deve ritenersi proseguito (o cessato, in caso di licenziamento) presso il presunto retrocedente” (Così, Cass. n. 26021/2018 e Cass. n. 16255/2011).
Per converso, in mancanza di tali specifici elementi e della continuazione dell’attività solo presso il retrocedente, non vi è motivo di escludere “la miglior tutela del lavoratore che deriva dalla corresponsabilità del retrocessionario, in sé riconnessa al ritrasferimento del compendio organizzato aziendale, dovendosi fare quindi piena applicazione dell’art. 2112 c.c.” (v. Cass. n. 26021/2018, cit. e n. 9012/2009; Cass. n. 7458/2002). A nulla rileva peraltro che «il retrocessionario, il quale comunque ha fatto fino a quel momento, attraverso l’affitto, utilizzazione di mercato dell’azienda, decida, per ragioni sue proprie, una volta riottenuta l’azienda, l’immediato scioglimento di essa» (v. Cass. n. 2644/1985).
S. G.