Per i lavoratori a tempo parziale di tipo verticale ciclico, i periodi non lavorati non possono essere esclusi dal calcolo dell’anzianità contributiva necessaria per acquisire il diritto alla pensione.
Nota a Cass. 30 ottobre 2018, n. 27665
Viviana Santilli
In caso di prestazione a tempo parziale di tipo verticale (che, come noto, si realizza quando il contratto prevede lo svolgimento della prestazione lavorativa a tempo pieno, ma limitatamente a periodi predeterminati nel corso della settimana, del mese o dell’anno: ad es. 8 ore su 3 giorni lavorativi, per un totale di 24 ore settimanali su 40; 6 mesi a tempo pieno nel corso dell’anno), i prestatori con orario part time verticale ciclico hanno diritto all’inclusione, a fini pensionistici, anche dei periodi non lavorati, “incidendo la contribuzione ridotta sulla misura della pensione e non sulla durata del rapporto di lavoro”.
Il principio è affermato dalla Corte di Cassazione 30 ottobre 2018, n. 27665 (v. in conformità, Cass nn. 4968 e 16677 del 2017), che ha ritenuto il diritto dei lavoratori con orario part-time verticale ciclico all’inclusione anche dei periodi non lavorati conforme al principio di non discriminazione di cui all’art. 4 della Direttiva n. 97/81/CE, come applicato dalla Corte di Giustizia UE nella sentenza 10 giugno 2010, C-395/08 e C-396/08, ossia a “quel principio di parità di trattamento tra lavoratori a tempo pieno e a tempo parziale immanente nell’ordinamento interno ai fini previdenziali” (v. anche Cass. n. 8565/2016).
L’assunto è ribadito da Cass. n. 10526/2018 (analogamente, v. Cass. n. 8772/2018), secondo cui “In tema di lavoro part-time, al di là della misura della pensione, i lavoratori con orario di lavoro part-time verticale ciclico non possono vedersi esclusi dall’anzianità contributiva “tout court” i periodi non lavorati nell’ambito del programma negoziale lavorativo concordato e l’art. 7, co. 1 della L. 11 novembre 1983, n. 638, con riferimento all’anzianità previdenziale dei lavoratori con orario part-time verticale, deve essere interpretato in conformità del principio di supremazia della normativa comunitaria rispetto a quello nazionale in contrasto con essa, ex artt. 11 e 117 Cost”.