La causale generica non consente un riscontro oggettivo sulle esigenze poste alla base del contratto a tempo determinato.
Nota a Cass. 29 novembre 2018, n. 30905
Alfonso Tagliamonte
Le condizioni necessarie per stipulare un contratto a termine ai sensi del D.LGS n. 81/2015 (art. 19, co. 1, lett. a) e b)) sono: “a) esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività, ovvero esigenze di sostituzione di altri lavoratori; b) esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria”.
Tali causali differiscono da quelle contemplate per la conclusione di un contratto a tempo determinato nella disciplina previgente, ossia dall’art. 1, co. 2, del D.LGS. n. 368/2001, che prevede un onere di specificazione delle ragioni giustificatrici “di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo” del termine finale.
Pur a fronte della diversità delle causali, la Corte di Cassazione (29 novembre 2018, n. 30905) pone alcuni parametri tuttora validi.
Anzitutto, le ragioni devono “essere sufficientemente particolareggiate così da rendere possibile la conoscenza della loro effettiva portata e il relativo controllo di effettività”. Ciò in linea con la direttiva comunitaria 1999/70/CE e con l’accordo quadro in essa trasfuso (così come interpretata dalla Corte di Giustizia), la cui regolamentazione non riguarda soltanto il fenomeno della reiterazione dei contratti a termine ma “si estende a tutti i lavoratori subordinati con rapporto a termine indipendentemente dal numero di contratti stipulati dagli stessi, rispetto ai quali la clausola 8 n. 3 (cosiddetta clausola di non regresso) dell’accordo quadro prevede … che l’applicazione della direttiva non costituisce un motivo valido per ridurre il livello generale di tutela offerto ai lavoratori dell’ambito coperto dall’accordo”.
In particolare, secondo la Cassazione, anche se la specificità con cui le causali sono addotte dal datore di lavoro può avere un certo grado di elasticità, nel senso che essa va valutata dal giudice sulla base di criteri di “congruità e ragionevolezza” e collegandola a “situazioni aziendali non più standardizzate, ma riferite alle peculiari realtà in cui il contratto viene ad essere calato”, non per questo è ammessa l’utilizzazione di clausole generiche come, ad esempio, il mancato riferimento alle mansioni o ai reparti di assegnazione ovvero ai prodotti oggetto dell’incremento di produzione posto a base delle assunzioni”.
Nello specifico, con riguardo al caso esaminato, il Collegio rileva l’indeterminatezza delle causali addotte e, quindi, l’inidoneità delle stesse a “palesare la specifica connessione tra la durata solo temporanea delle prestazioni e le esigenze che le stesse erano state chiamate a realizzare…ed a consentire alla lavoratrice di verificare in concreto l’utilizzazione esclusivamente nell’ambito delle ragioni indicate ed in stretto collegamento con le stesse (in senso analogo, Cass. n. 1552/2017 e n. 10839/2017).