Per sostenere la natura subordinata del proprio rapporto di lavoro, il lavoratore assunto da un Comune tramite reiterati contratti di collaborazione coordinata e continuativa è tenuto a provare il suo assoggettamento al potere direttivo, disciplinare ed organizzativo del Comune stesso.

 Nota a Cass. ord. 14 dicembre 2018, n. 32503

 Donato Martino

Il collaboratore coordinato e continuativo assunto da un Comune, il quale, in base alla documentazione prodotta e all’analisi delle singole circostanze, non dimostri né l’assoggettamento al potere direttivo e disciplinare del Comune stesso, né il suo pieno inserimento nell’organizzazione dell’ente pubblico, non può essere considerato lavoratore subordinato.

La Corte di Cassazione (ord. 14 dicembre 2018, n. 32503) torna a chiarire quali sono gli indici della subordinazione elaborati dalla giurisprudenza consolidata, in relazione al ricorso di un lavoratore assunto con reiterati contratti di collaborazione coordinata e continuativa e conferma la sentenza di rigetto del giudice territoriale.

Nello specifico, il Collegio ribadisce quattro punti fondamentali e cioè:

  1. “l’elemento che contraddistingue il rapporto di lavoro subordinato rispetto al rapporto di lavoro autonomo è il vincolo di soggezione personale del lavoratore al potere organizzativo, direttivo e disciplinare del datore di lavoro, con conseguente limitazione della sua autonomia ed inserimento nell’organizzazione aziendale”;
  2. vi sono ulteriori elementi, quali l’osservanza di un orario, l’assenza di rischio, la continuità della prestazione e la forma della retribuzione, i quali, pur avendo natura meramente sussidiaria e non decisiva, possono costituire indici rivelatori della subordinazione;
  3. tali indici possono anche prevalere sull’eventuale volontà contraria manifestata dalle parti (c.d. nomen iuris) ove incompatibili con l’assetto previsto dalle stesse (v. Cass. n. 13858/2009 e n.5645/2009). Non esiste, infatti, “una presunzione relativa (o, men che meno, assoluta) di conformità della natura giuridica del rapporto al nomen iuris attribuitogli dall’amministrazione”. Sicché, la qualificazione giuridica di contratto d’opera o per prestazioni professionali data dall’amministrazione è sempre suscettibile di verifica giurisdizionale al fine di fare emergere (con prova sia diretta dell’elemento della subordinazione che indiziaria attraverso indici rivelatori) la difformità tra qualificazione giuridica del rapporto e suo reale svolgimento (v. fra le tante, Cass. n. 10971/2002);
  4. “la stipulazione di un contratto di collaborazione coordinata e continuativa con una PA., al di fuori dei presupposti di legge, non può mai determinare la conversione del rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato”. Tuttavia, laddove il contratto di collaborazione abbia la sostanza di rapporto di lavoro subordinato, il lavoratore è tutelato ai sensi dell’art. 2126 c.c. (c.d. prestazione di fatto) ed “ha diritto anche alla ricostruzione della posizione contributiva previdenziale” (Cass. n. 9591/2018 e n. 3384/2017).
Collaborazione coordinata e continuativa nella PA e subordinazione
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