Il soggetto che cessi dalla carica di legale rappresentante dell’impresa resta responsabile del reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali sulle retribuzioni dei lavoratori.
Nota a Cass. 14 gennaio 2019, n. 1511
Flavia Durval
In materia di versamento di contributi previdenziali ed assistenziali, rimane tenuto al pagamento il soggetto che era obbligato al momento dell’insorgenza del debito, anche se, “medio tempore”, ha perso la rappresentanza o la titolarità dell’impresa.
Lo ha affermato la Corte di Cassazione (14 gennaio 2019, n. 1511), confermando App. Torino (25 gennaio 2018), rilevando anche che il rilevo difensivo, secondo cui il dolo del reato sarebbe escluso dalla conclusione di un piano di rientro del debito concordato con l’INPS, è privo di pregio. Ciò, “in quanto l’elemento soggettivo del reato omissivo proprio, ovvero la consapevolezza dell’omissione del versamento dei contributi INPS, deve sussistere al momento della scadenza dell’obbligazione e dunque, rispetto a questo momento che deve essere apprezzato il dolo del reato, a nulla rileva il successivo piano di rientro del debito”.
La Corte sintetizza alcuni principi fondamentali della normativa in materia, precisando che:
a) il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali (art. 2, D.L. 12 settembre 1983, n. 463, conv. in L.11 novembre 1983, n. 638) è un reato omissivo istantaneo, che si consuma nel momento in cui scade il termine utile concesso al datore di lavoro per il versamento. Tale termine è oggi fissato (dall’art. 2, co. primo, lett. b), D.LGS. n. 422/1998) al giorno sedici del mese successivo a quello cui si riferiscono i contributi. E, ai fini dell’individuazione del momento consumativo, non rileva che “la data per adempiere al pagamento sia fissata nei tre mesi successivi alla contestazione della violazione, poiché la pendenza di tale termine determina esclusivamente la sospensione del corso della prescrizione per il tempo necessario a consentire al datore di lavoro di avvalersi della causa di non punibilità di cui all’art. 2, co. primo bis, del citato DL.” (v. anche Cass. n. 26732/2015).
b) “Il soggetto attivo del rapporto previdenziale è solo ed esclusivamente il datore di lavoro il quale, anche quando delega ad altri il versamento delle ritenute, conserva l’obbligo di vigilare sull’adempimento dell’obbligazione da parte del terzo” (così, Cass. n. 34619/2010 e n. 5416/2002).
c) Il soggetto tenuto ad adempiere alla diffida (inviata ai sensi dell’art. 2, co.1-bis, D.L. n. 463/1983) resta perciò colui che era obbligato al momento dell’insorgenza del debito, anche se abbia perso, “medio tempore”, la rappresentanza o la titolarità dell’impresa. Il pagamento costituisce, infatti, una causa personale di esclusione della punibilità, per cui vi è tenuto solo l’autore del reato, il quale, nell’ipotesi in cui altri abbiano assunto la veste di datore di lavoro, perché succedutogli nella carica sociale, è tenuto a sollecitare questi ad adempire al pagamento nel termine trimestrale decorrente dalla contestazione o della notifica dell’avvenuto accertamento della violazione (in questa linea, Cass. n. 39072/2017 e n. 19574/2013).
d) L’imputato, autore del reato di omissione contributiva, il quale non sia più legale rappresentante della società vincolata al versamento contributivo, resta tenuto ad adempiere alla diffida ricevuta (v. art. 2, D.L. n. 463/1983) e può beneficiare della causa personale di non punibilità, adempiendo all’obbligazione in nome e per conto dell’azienda, secondo lo schema del pagamento del terzo di cui all’art. 1180 c.c. (v. Cass. n. 30879/2018)