La modifica delle mansioni del lavoratore distaccato è condizionata al consenso del prestatore.
Nota a Cass. 13 dicembre 2018, n. 32330
Maria Novella Bettini
In tema di distacco del lavoratore presso un’azienda diversa da quella in cui egli presti la propria opera, la Corte di Cassazione (13 dicembre 2018, n. 32330) ribadisce una serie di importanti principi:
1) il distacco del dipendente, qualora comporti un mutamento di mansioni rispetto a quelle già svolte presso il soggetto distaccante, richiede, “quale unico elemento costitutivo della fattispecie legale e sola condizione di legittimità del provvedimento”, il consenso del lavoratore distaccato;
2) tale “mutamento può essere anche parziale, purché effettivamente idoneo a ledere il patrimonio di professionalità acquisito”;
3) sul prestatore, cui sia comunicato un provvedimento di distacco, grava l’onere di fare presente al datore di lavoro il proprio rifiuto “ma non anche di rendere note le ragioni che lo sorreggono (o di tenere ferme quelle inizialmente prospettate, ove diverse da un mutamento di mansioni)”, poiché la legge richiede “il consenso del lavoratore nei casi (tutti) in cui il mutamento delle mansioni sia conseguenza oggettiva dell’attuazione dell’ordine, senza che possa rilevare la rappresentazione che di esso e dei suoi effetti abbia dato il datore di lavoro”;
4) non rileva che nella lettera di comunicazione del provvedimento il datore di lavoro affermi che il lavoratore continuerà a svolgere le proprie mansioni presso l’azienda di destinazione.
Come noto, il distacco si configura “quando un datore di lavoro, per soddisfare un proprio interesse, pone temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di altro soggetto per l’esecuzione di una determinata attività lavorativa” (v. art. 30, co. 1, D.LGS. n. 276/2003. In attuazione delle direttive comunitarie n. 71/1996 e n. 67/2014 è stato emanato il D.LGS. n. 236/ 2016, che ha abrogato il precedente D.LGS. n. 72/2000, in materia di distacco transnazionale, successivamente modificato dalla L. 21 giugno 2017, n. 96).
L’interesse dell’impresa distaccante sorge automaticamente nell’ipotesi in cui il distacco avvenga tra aziende che abbiano sottoscritto un contratto di rete (art. 30, co. 4 ter, aggiunto dall’art. 7, co. 2, D.L. n. 76/2013 conv. L. n. 99/2013, secondo cui: “per tali aziende “è ammessa la codatorialità dei dipendenti ingaggiati con regole stabilite attraverso il contratto di rete stesso”).
Secondo la dottrina, le mansioni oggetto di modifica “devono, comunque, essere dello stesso livello e categoria, poiché qui la previsione del consenso costituisce una tutela aggiuntiva e non una deroga alla disciplina della modificazione delle mansioni” (A. Vallebona, Istituzioni di diritto del lavoro, II, Il rapporto di lavoro, Cedam, 2017, 800).