Il frazionamento aziendale effettuato da una società per aggirare la normativa sui licenziamenti collettivi (L. n. 223/1991) costituisce un negozio in frode alla legge.
Nota a Cass. 7 agosto 2018, n. 20620
Annarita Lardaro
La scissione parziale realizzata da una società attraverso l’assegnazione a due società di nuova costituzione di altrettanti rami d’azienda, con redistribuzione della forza lavoro tra i tre soggetti giuridici, costituisce negozio in frode alla legge se, nell’arco dei successivi 120 giorni, vengono realizzati plurimi licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo.
È quanto ha affermato la Corte di Cassazione 7 agosto 2018, n. 20260, sulla falsariga di una precedente pronuncia gemella n. 19863/2018.
Il caso sottoposto all’attenzione della Suprema Corte trae origine dal frazionamento societario, attuato da una società mediante la scissione parziale in altre due aziende di nuova costituzione, che aveva consentito al datore di lavoro di redistribuire i lavoratori in capo alle tre società, permettendogli in tal modo, alla luce dei requisiti dimensionali così ridotti, di procedere a plurimi recessi individuali senza dover applicare la L. n. 223/1991 relativa ai licenziamenti collettivi; i lavoratori avevano, quindi, sostenuto in giudizio che l’operazione societaria celasse in realtà l’intento di aggirare la normativa suddetta, in quanto consentiva al datore di lavoro di adottare licenziamenti individuali in luogo della procedura di consultazione prevista dalla legge.
Al riguardo, la Cassazione ha preliminarmente rilevato che gli artt. 4 e 24 della L. n. 223/1991 statuiscono un obbligo in capo al datore di lavoro di attivazione di una procedura di informazione e consultazione aziendale, posta a salvaguardia e garanzia, tra l’altro, della scelta dei lavoratori in esubero addetti a mansioni fungibili mediante l’applicazione dei criteri di legge (in merito alla procedura sindacale nei licenziamenti collettivi, si v. anche, in questo sito, F. DURVAL, “Procedura sindacale nei licenziamenti collettivi: comunicazione, motivi e criteri”, nota a Cass. n. 2694/2018; per un approfondimento relativo alla scelta dei lavoratori nei licenziamenti collettivi, G.I. VIGLIOTTI, “Licenziamenti collettivi: i lavoratori vanno scelti in base alla professionalità”, nota a Cass. n. 22788/2016).
Osserva, dunque, la Corte che il frazionamento societario, pur costituendo di per sé un atto valido, integra un negozio in frode alla legge qualora venga utilizzato come strumento per aggirare una normativa di legge (nel caso di specie, come detto, la disciplina sui licenziamenti collettivi). Infatti, sebbene il mezzo utilizzato sia in sé lecito (non essendo contestabile il diritto dell’imprenditore di realizzare un’operazione di scissione parziale della propria struttura aziendale), è illecito il risultato perseguito, soprattutto considerando che l’organizzazione di lavoro è rimasta sostanzialmente immutata, continuando i lavoratori a svolgere le medesime mansioni e sostanziandosi il riassetto aziendale in una mera frammentazione della forza lavoro.
In sintesi, pertanto, laddove la scissione aziendale comporti la separazione dei lavoratori prima riconducibili ad un unico datore di lavoro, senza che a ciò corrisponda un effettivo cambiamento rispetto alla precedente organizzazione aziendale, i licenziamenti plurimi adottati nello stesso arco temporale nei confronti di una pluralità di dipendenti costituisce un’operazione diretta ad eludere i limiti e le tutele sanciti dalla L. n. 223/1991 nei processi di riduzione collettiva del personale e, come tale, risulta in frode alla legge.