Il dipendente pubblico che abbia vinto un dottorato di ricerca senza borsa può usufruire dell’aspettativa per la durata del corso, ma non per il periodo di proroga.
Nota a Cass. 10 gennaio 2019, n. 432
Francesco Belmonte
Il diritto all’aspettativa da parte del dottorando di ricerca è limitato alla durata del corso di dottorato.
Il principio è ribadito dalla Corte di Cassazione (10 gennaio 2019, n. 432 ), che rigetta la decisione del giudice territoriale (App. Torino) accogliendo le eccezioni del Comune ricorrente che aveva rilevato come il D.M. n. 224/1999, nel disciplinare i dottorati di ricerca, fa coincidere l’erogazione della borsa di studio con la durata del dottorato ed aggiunge che, secondo il D.M. n. 94/2013, i dipendenti pubblici ammessi ai corsi di dottorato godono dell’aspettativa prevista dalla contrattazione collettiva unicamente per il periodo di durata normale del corso e che in tale durata, in base alla normativa vigente, non può essere ricompresa la proroga, che richiede un provvedimento rimesso alla discrezionalità del collegio dei docenti.
La Corte di legittimità ripercorre l’evoluzione normativa dell’istituto e precisa che, in base alla L. 13 agosto 1984, n. 476, punto 2 (come mod., dapprima dal co. 57 dell’ art. 52, L. 28 dicembre 2001, n. 448, poi dal co. 3, art. 19, L. 30 dicembre 2010, n. 240 e, infine, dalla lett. a) del co. 1 dell’art. 5, D.LGS. 18 luglio 2011, n. 119), il dipendente pubblico che sia ammesso ai corsi di dottorato di ricerca è collocato, previa domanda e “compatibilmente con le esigenze dell’amministrazione”, in congedo straordinario per motivi di studio senza assegni per il periodo di durata del corso (e, ove ricorrano le condizioni richieste, usufruisce della borsa di studio); la durata di tale aspettativa coincide con la durata legale del corso e non con l’eventuale proroga.
Il Collegio rileva inoltre che, nell’ipotesi di ammissione a corsi di dottorato di ricerca senza borsa di studio (o di rinuncia a questa), “l’interessato in aspettativa conserva il trattamento economico, previdenziale e di quiescenza in godimento da parte dell’amministrazione pubblica presso la quale è instaurato il rapporto di lavoro” ed il periodo di congedo straordinario è utile ai fini della progressione di carriera, del trattamento di quiescenza e di previdenza.
In caso di cessazione (per volontà del dipendente) del rapporto di lavoro o di impiego con qualsiasi amministrazione pubblica nei due anni successivi al conseguimento del dottorato di ricerca, è dovuta la ripetizione degli importi corrisposti. I dipendenti pubblici che abbiano già conseguito il titolo di dottore di ricerca ed i dipendenti pubblici che siano stati iscritti a corsi di dottorato per almeno un anno accademico, beneficiando del congedo straordinario, non hanno diritto a tale congedo, con o senza assegni (v., anche, art. 1, D.L. 24 settembre 2002, n. 209, come mod. dalla relativa legge di conversione).