La L. n. 92/2012 è applicabile anche all’azione di accertamento della legittimità del licenziamento.
Nota a Cass. 23 novembre 2018, n. 30433
Paolo Pizzuti
Il c.d. rito Fornero (L. n. 92/2012, art. 1, co. 47 e 68), relativo all’impugnazione dei licenziamenti nelle ipotesi disciplinate dall’art. 18 Stat. Lav., è applicabile anche all’opposta azione per l’accertamento della legittimità del licenziamento da parte del datore di lavoro.
In parallelo, il lavoratore può proporre in via riconvenzionale, già nella sede sommaria, l’impugnazione del licenziamento, anche ampliando il thema decidendum, sostenendo che il licenziamento è nullo e non ingiustificato (con conseguenti possibili necessità istruttorie aggiuntive).
È quanto affermato dalla Corte di Cassazione (23 novembre 2018, n. 30433), secondo cui “tutte le controversie aventi ad oggetto i licenziamenti che ricadono nell’ambito di tutela dell’art. 18 della legge n. 300 del 1970 (anche dunque su impulso di parte datoriale) sono assoggettate alla disciplina dell’art. 1, commi 48 e ss., della L. n. 92/2012, ratione temporis applicabile”.
Ragionando diversamente si dovrebbe ammettere, in relazione allo stesso licenziamento, la possibilità di due giudizi; “l’uno, intrapreso dalla parte datoriale, con rito ordinario di lavoro e l’altro, dal lavoratore, con il rito speciale ex art. 1 della legge n. 92 del 2012; soluzione, all’evidenza, contraria ai principi di unitarietà della giurisdizione e di economia delle risorse giudiziarie”.
In questa prospettiva, va ammessa anche la domanda riconvenzionale (volta all’accertamento dell’illegittimità licenziamento, con applicazione di tutela ex art. 18 cit.) da parte del lavoratore nel giudizio intrapreso dal datore di lavoro per l’accertamento della legittimità del recesso, ai sensi dell’art. 1, co. 48, L. n. 92/2012.
Infatti, sebbene l’art. 1, L. n. 92/2012, nella sola fase di opposizione (co. 56), preveda espressamente, la possibilità di una domanda riconvenzionale purché “fondata su fatti costitutivi identici a quelli posti a base della domanda principale”, non sarebbe congruo, da un lato, ammettere per il datore di lavoro l’azione di mero accertamento nelle forme del rito ex art. 1 della L. n. 92 del 2012 e, dall’altro, negare al lavoratore, nella fase sommaria, la facoltà, sia di paralizzare l’azione datoriale che di richiedere, tramite una specifica domanda contenuta nella memoria di costituzione, le tutele derivanti dall’accertamento di illegittimità del licenziamento.
Se poi, all’esito della fase sommaria la domanda riconvenzionale del lavoratore sia accolta solo parzialmente, l’instaurazione dell’eventuale giudizio di opposizione da parte del datore di lavoro “consentirà al lavoratore, con la memoria difensiva, di riproporre la (parte della) domanda non accolta, e ciò anche nella ipotesi in cui per esso sia spirato il termine per proporre un autonomo atto di opposizione” (v. Cass. n. 3836/2016, in motivaz.). “Resta fermo il principio secondo cui, per rimettere in discussione il thema decidendum della fase sommaria, sarà sufficiente che la parte opposta “riproponga, nella memoria difensiva, le questioni sollevate nella fase sommaria in qualità di ricorrente e/o di resistente” (v. Cass. n. 21156/2018, in motivaz.).