Il criterio di specializzazione alla base della riduzione di personale non è né generico né arbitrario.
Nota a Cass. 10 dicembre 2018, n. 31872
Giuseppe Catanzaro
L’individuazione dei lavoratori in eccedenza nell’ipotesi di licenziamenti collettivi può basarsi sul criterio dell’alta specializzazione dei prestatori in alternativa ai parametri legali dei carichi familiari e dell’anzianità di servizio. Le scelte compiute in tal senso dall’impresa nell’individuazione dei dipendenti in esubero non costituiscono perciò una formulazione generica e arbitraria.
È quanto affermato dalla Corte di Cassazione (10 dicembre 2018, n. 31872) in relazione al licenziamento collettivo avviato da un’impresa operante in un settore altamente specialistico. Nella fattispecie, uno dei lavoratori licenziati ha impugnato il provvedimento sul presupposto che il riferimento, contenuto nell’accordo sindacale, al criterio di “alta specializzazione in funzione delle esigenze tecnico produttive dell’azienda”, in quanto inidoneo di per sé a delimitare il perimetro di un’effettiva esigenza aziendale, finisse per affidare la scelta dei dipendenti in eccedenza alla discrezionalità del datore di lavoro.
Diversamente dalla Corte di appello di Napoli (10 ottobre 2016), la Cassazione osserva che il criterio de quo, se rapportato ad una società che risulta svolgere un’attività “delicata ed altamente specialistica… nel campo della bonifica bellica e ambientale, e relativo monitoraggio, ricerca e supporto” non può ritenersi “generico e arbitrario, dovendo esso essere valutato, come già fatto dalle organizzazioni sindacali, nel peculiare e delicato contesto produttivo in cui esso è chiamato ad operare”.
La Corte ritiene pertanto fondata la censura della società ove afferma l’insufficienza del criterio residuale dell’anzianità o carichi di famiglia, a fronte della peculiarità della realtà produttiva aziendale.