Può costituire giusta causa di licenziamento anche una condotta extralavorativa tenuta in epoca anteriore all’instaurazione del rapporto di lavoro.
Nota a Cass. 10 gennaio 2019, n. 428
Sonia Gioia
Ogni qualvolta venga irrimediabilmente leso il vincolo fiduciario che è alla base del rapporto di lavoro è ravvisabile una giusta causa di licenziamento. Il datore di lavoro deve, infatti, poter confidare sulla leale collaborazione del prestatore e sul corretto adempimento delle obbligazioni che dal rapporto scaturiscono a carico di quest’ultimo. In particolare, la fiducia, quale fattore condizionante la permanenza del rapporto, “può essere compromessa, non solo in conseguenza di specifici inadempimenti contrattuali, ma anche in ragione di condotte extralavorative che, seppure tenute al di fuori dell’azienda e dell’orario di lavoro e non direttamente riguardanti l’esecuzione della prestazione, nondimeno possono essere tali da ledere irrimediabilmente il vincolo fiduciario tra le parti qualora abbiano un riflesso, sia pure soltanto potenziale ma oggettivo, sulla funzionalità del rapporto e compromettano le aspettative d’un futuro puntuale adempimento dell’obbligazione lavorativa, in relazione alle specifiche mansioni o alla particolare attività” (cfr. Cass. n. 24023/2016 e Cass. n. 17166/2016).
La giusta causa di licenziamento, quindi, non si riferisce solo alla condotta ontologicamente disciplinare, ma anche a quella che, seppure estranea al rapporto lavorativo, nondimeno si riveli incompatibile con il permanere di quel vincolo fiduciario sul quale lo stesso si fonda. E quando si ravvisa in fatti estranei all’obbligazione contrattuale, purché idonei ad incidere sul vincolo fiduciario, a “maggior ragione assume rilevanza ai suddetti fini la condotta tenuta dal lavoratore in un precedente rapporto, tanto più se omogeneo a quello in cui il fatto viene in considerazione” (Cass. n. 15373/2004, che ha ritenuto legittimo il licenziamento di un dipendente di banca rinviato a giudizio per reati commessi in occasione di un pregresso rapporto di lavoro intercorso con altro istituto di credito).
L’affermazione è della Corte di Cassazione (10 gennaio 2019, n. 428), la quale precisa che le condotte extralavorative che possono assumere rilievo ai fini dell’integrazione della giusta causa afferiscono sia alla vita privata in senso stretto sia a tutti gli ambiti nei quali si esplica la personalità del lavoratore. Tali condotte, inoltre, possono essere apprese dal datore dopo la conclusione del contratto e, pertanto, non devono né essere necessariamente successive all’instaurazione del rapporto di lavoro, né essere limitate ai fatti integranti la fattispecie di reato e riconosciute solo in presenza di una sentenza passata in giudicato che abbia accertato la responsabilità del dipendente.