Alla prestazione di natura giornalistica, pur se diversamente qualificata nel contratto formalizzato, va applicato il contratto collettivo dei giornalisti quale fonte più idonea ad assicurare il rispetto del principio costituzionale della giusta retribuzione (art. 36).

 Nota a Cass. 1 febbraio 2019, n. 3137

Alfonso Tagliamonte

Ai fini della giusta retribuzione di cui all’art. 36 Cost., la prestazione di natura giornalistica, la quale non trovi corrispondenza nelle previsioni del ccnl, di carattere tecnico corrispondente alla qualifica formale contenuta nel contratto di lavoro, è regolata dal ccnl dei giornalisti  (c.n.l.g.).

L’affermazione è della Corte di Cassazione (1 febbraio 2019, n. 3137), relativamente ad un ricorso avverso la sentenza di App. Bologna (n. 1223/2015) che aveva qualificato il lavoro svolto dal ricorrente (inquadrato come operatore alle trasmissioni di cui al IV livello del c.c.n.l. Federazione Radio Televisioni) quale rapporto di natura giornalistica, riconoscendo in tale attività “la sussistenza di un apporto originale nella mediazione tra la notizia e la diffusione della conoscenza di essa che distingueva la funzione giornalistica in concreto svolta dal ruolo tecnico impiegatizio di cui al formale inquadramento”. Ciò, con conseguente applicazione del c.n.l.g. quale parametro da assumere al fine della determinazione della giusta retribuzione ai sensi dell’art. 36 Cost., stante l’impossibilità di fare riferimento al c.c.n.l. Federazione Radio Televisioni che non conteneva disposizioni relative alla mediazione individuale tipica del lavoro giornalistico.

La Cassazione (in linea con i giudici di merito) precisa che la giurisprudenza consolidata ha ammesso, nell’ ipotesi di determinazione della giusta retribuzione ai sensi dell’art. 36 Cost., “l’utilizzazione, come parametri di riferimento, di contratti collettivi pur non applicabili direttamente al rapporto dedotto in giudizio” (v. per tutte, Cass. 28 agosto 2000, n. 11285).

In particolare, come affermato dalle SU della Corte di Cassazione (26 marzo 1997, n. 2665; v. anche Cass. n.11372/2008 e Cass. n. 9964/2003), il giudice che ritenga inadeguata la retribuzione corrisposta dall’azienda in base al contratto da essa applicato, “può procedere al suo adeguamento facendo riferimento a quella del contratto di categoria non direttamente applicabile, con la precisazione che nella domanda di pagamento di differenze retributive sulla base di un contratto collettivo che si riveli inapplicabile deve ritenersi implicita la richiesta di adeguamento ex art. 36 Cost. e che l’adeguamento comporta un apprezzamento riservato al giudice di merito”. In altre parole, in materia di retribuzione sufficiente, il giudice può avvalersi dei contratti collettivi pur non applicabili direttamente al rapporto, al fine di determinare i diritti e gli obblighi “anche dei soggetti non appartenenti alle associazioni stipulanti” (v. anche Cass. n. 2254/1980).

Giusta retribuzione del giornalista
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