M.N. Bettini e F. Durval
Chiamata a dirimere la questione se, ai fini del valido riconoscimento di un rapporto di lavoro giornalistico subordinato quale collaboratore fisso, sia necessaria, come per il redattore ordinario, l’iscrizione nell’elenco dei giornalisti professionisti oppure sia sufficiente la sola iscrizione in quello dei pubblicisti, la Corte di Cassazione (4 febbraio 2019, n. 3177, in questo sito con nota di P. PIZZUTI, Mancata iscrizione all’albo del collaboratore fisso e giusta retribuzione) analizza e riassume il quadro normativo di riferimento, specificando che:
A) L’art. 1 della L. n. 69/1963 (Ordinamento della professione di giornalista), intitolato ‘Ordine dei giornalisti’, prevede che: “È istituito l’Ordine dei giornalisti. Ad esso appartengono i giornalisti professionisti e i pubblicisti, iscritti nei rispettivi elenchi dell’albo. Sono professionisti coloro che esercitano in modo esclusivo e continuativo la professione di giornalista. Sono pubblicisti coloro che svolgono attività giornalistica non occasionale e retribuita anche se esercitano altre professioni o impieghi…”.
Pertanto, il ‘giornalista professionista’ è caratterizzato dai requisiti della continuità e dell’esclusività della prestazione (in contrapposizione alla più sporadica attività non esclusiva del ‘giornalista pubblicista’);
B) La medesima legge, all’art. 26, prevede che l’Albo dei giornalisti è ripartito in due elenchi, l’uno dei professionisti l’altro dei pubblicisti.
Perciò, per lo svolgimento dell’attività di giornalista professionista è necessaria l’iscrizione nell’apposito elenco (quello, appunto, dei professionisti). La previsione di un elenco separato per i pubblicisti si fonda sulla diversità di ruolo rispetto a quello dei giornalisti professionisti, in quanto i primi, diversamente dai secondi, svolgono attività giornalistica non come professione, cioè senza essere caratterizzati nel mercato del lavoro da un determinato status (v. Cass. 12 novembre 2007, n. 23472);
C) Il successivo art. 45, L. n. 69/1963 (‘Esercizio della professione’), nel testo anteriore alle modifiche di cui alla L. n. 168/2016 ed applicabile ratione temporis nel caso di specie, dispone: «Nessuno può assumere il titolo né esercitare la professione di giornalista, se non è iscritto nell’albo professionale. La violazione di tale disposizione è punita a norma degli articoli 348 e 498 del codice penale, ove il fatto non costituisca un reato più grave». Mentre, nel testo sostituito dalla L. n. 168/2016, stabilisce che: “Nessuno può assumere il titolo ne’ esercitare la professione di giornalista, se non è iscritto nell’elenco dei professionisti ovvero in quello dei pubblicisti dell’albo istituito presso l’Ordine regionale o interregionale competente. La violazione della disposizione del primo periodo è punita a norma degli articoli 348 e 498 del codice penale, ove il fatto non costituisca un reato più grave” (questa nuova versione, come rileva la Corte, non ha, per quanto di interesse, “carattere innovativo, ma meramente esplicativo, giacché fin dalla formulazione originaria della legge n. 69/1963 già esistevano due elenchi separati (giornalista professionista e pubblicista) facenti parte del medesimo albo (quello dei giornalisti). Sicché il giornalista se esercita la professione in modo continuativo ed esclusivo deve essere necessariamente iscritto all’albo dei giornalisti, elenco dei giornalisti Professionisti; allo stesso modo, “i collaboratori fissi sono ed erano – se esercenti in modo continuativo ed esclusivo – giornalisti professionisti” e, come tali, anch’essi obbligati all’iscrizione nel relativo elenco”;
D) In tale quadro si inseriscono le disposizioni di cui al contratto nazionale di lavoro giornalistico (v. cnlg 1° marzo 2001 – 28 febbraio 2005, e v. anche cnlg 1 aprile 2013 -31 marzo 2016) che, all’art. 2, prevede: «Le norme del presente contratto si applicano anche ai collaboratori fissi, cioè ai giornalisti addetti ai quotidiani, alle agenzie di informazioni quotidiane per la stampa, ai periodici, alle emittenti radiotelevisive private e agli uffici stampa comunque collegati ad aziende editoriali, che non diano opera giornalistica quotidiana purché sussistano continuità di prestazione, vincolo di dipendenza e responsabilità di un servizio”;
E) Secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza, il know how richiesto per fare il redattore o il collaboratore fisso ‘giornalista’ professionista’ è il medesimo (v. ad es. Cass. 21 ottobre 2015, n. 21424; Cass. 9 giugno 1998, n. 5693), nel senso che quanto alla professionalità non vi sono differenze qualitative tra redattore e collaboratore fisso ove quest’ultimo svolga l’attività giornalistica con le caratteristiche della continuità ed esclusività (v. art. 1, L. n. 69/1963).
Nello specifico “la figura professionale del redattore implica il particolare inserimento della prestazione lavorativa nell’organizzazione necessaria per la compilazione del giornale, vale a dire in quella apposita e necessaria struttura costituita dalla redazione, caratterizzata dalla funzione di programmazione e formazione del prodotto finale e delle attività organizzate a tal fine, quali la scelta e la revisione degli articoli, la collaborazione all’impaginazione, la stesura dei testi redazionali ed altre attività connesse (v. Cass. 18 dicembre 2018, n. 32699, in questo sito con nota di M.N. BETTINI, Rapporto di lavoro giornalistico subordinato; Cass. 13 novembre 2018, n. 29182, in questo sito con nota di S. GIOIA, Lavoro giornalistico: redattore e collaboratore fisso; Cass. 6 maggio 2015, n. 9119 e, in motivaz., Cass. 21 ottobre 2000, n.13945), che si realizza nella quotidianità dell’impegno lavorativo, a differenza di quella che connota l’attività del collaboratore fisso di cui all’art. 2 c.n.l.g. che richiede solo la continuità della prestazione” (v. Cass. 8 febbraio 2011, n. 3037). E, “evidentemente”, come osserva la Corte, l’analogia fra le due figure professionali (redattore e collaboratore fisso) non muta solo in ragione dell’esistenza o meno d’un vincolo di presenza quotidiana.
In particolare, il giornalista professionista “lavora stabilmente per una testata giornalistica e per tale ruolo deve avere la padronanza tecnica della professione in tutti i suoi aspetti. È tale anche il ruolo del collaboratore fisso che assicuri un contributo professionale ed una continuità ed esclusività di rapporto che lo rendano organizzabile in modo strutturale dalla direzione della testata, in relazione ai requisiti contrattualmente previsti della ‘prestazione continuativa’, della ‘responsabilità di un servizio’ e del vincolo di dipendenza” (v. Cass. 9 marzo 2004, n. 4797). La differenza tra redattore e collaboratore fisso (anch’egli giornalista, se svolge tale attività professionale con le caratteristiche sopra evidenziate) consiste, dunque, nel dato meramente quantitativo attinente alla quotidianità o meno della prestazione.
Il collaboratore fisso che svolga lavoro giornalistico in modo professionale deve perciò essere iscritto nell’elenco dei giornalisti professionisti. Ma anche l’attività di giornalista svolta da un collaboratore fisso in modo continuativo ed esclusivo a scopo di guadagno (v. art. 1, co. 2, L. n. 69/1963), rientrando pur sempre nel concetto di ‘professione di giornalista’, in quanto tale è bisognosa di previa iscrizione nell’elenco dei giornalisti professionisti a pena di nullità del contratto con conseguente diritto alla giusta retribuzione ed ai contributi previdenziali (v. Cass. 21 aprile 2017, n. 10158, in questo sito con nota di F. ALBINIANO, Lavoro giornalistico subordinato e retribuzione; Cass. n. 23472/2007; Cass. n. 27608/2006).
In definitiva, quindi, “chi voglia lavorare (ed essere inquadrato) come `giornalista professionista’ deve rispettare la previsione del cit. art. 45 (vecchio e nuovo testo). Chi, invece, voglia essere un mero ‘pubblicista’ (magari anche sotto forma di collaboratore fisso pubblicista, cioè esercente in modo continuativo, ma non anche esclusivo) dovrà essere iscritto nell’elenco dei pubblicisti. Diversamente opinando, ossia ritenendo che il pubblicista possa legittimamente svolgere lo stesso lavoro del giornalista professionista, la differenza tra i due elenchi non avrebbe senso alcuno”.
F) Diversa è la posizione del pubblicista. Questi svolge infatti un ruolo diverso, essendo un giornalista non professionale, essenzialmente per un duplice motivo: 1) per l’iscrizione nell’elenco dei pubblicisti non è necessario alcun esame, ma solo l’avvenuta pubblicazione di alcuni articoli su testate giornalistiche (peraltro, i pubblicisti hanno la possibilità di ricoprire diversi impieghi in più settori); 2) la sua funzione differisce da quella del professionista, nel senso che egli non deve né provvedere alla compilazione quotidiana del giornale né essere responsabile di uno specifico servizio ed è pertanto libero di dedicarsi ad altre attività (come quelle di avvocato, medico, ecc.), collaborando al tempo stesso con testate giornalistiche, ponendo a disposizione le proprie competenze specifiche per scrivere e divulgare informazioni inerenti alla propria materia di interesse. In sintesi, dunque, l’iscrizione nell’elenco dei pubblicisti “non è idonea alla costituzione di un regolare rapporto di lavoro giornalistico o di praticantato giornalistico” (Cass. 29 dicembre 2006, n. 27608).