Il licenziamento del dirigente per riduzione dei costi è insindacabile.
Nota a Cass. 10 gennaio 2019, n. 436
Pietro Velardi
“Il licenziamento individuale del dirigente d’azienda può fondarsi su ragioni oggettive concernenti esigenze di riorganizzazione aziendale, che non debbono necessariamente coincidere con l’impossibilità della continuazione del rapporto o con una situazione di crisi tale da rendere particolarmente onerosa detta continuazione, dato che il principio di correttezza e buona fede , che costituisce il parametro su cui misurare la legittimità del licenziamento, deve essere coordinato con la libertà di iniziativa economica, garantita dall’art. 41 Cost.”.
Secondo l’orientamento consolidato della giurisprudenza spetta al datore di lavoro valutare se procedere al riassetto organizzativo attuato per una più economica gestione dell’impresa con conseguente soppressione del posto o del reparto cui sia addetto il lavoratore. Ciò, ferma restando l’effettività della ragione economica e l’insindacabilità, da parte del giudice, dei criteri di gestione aziendale, “ben potendo le relative mansioni essere solo diversamente ripartite ed attribuite”.
Lo ha statuito la Corte di Cassazione (10 gennaio 2019, n. 436; v. anche Cass. n.16498/2009), che conferma la decisione della Corte d’Appello di Genova riguardante il caso di una dirigente – con mansioni di direttore delle risorse umane, amministrazione e finanza – licenziata per soppressione della posizione, al fine di ridurre i costi, con simultanea attribuzione delle relative funzioni all’amministratore delegato.
In particolare, la Corte distrettuale aveva rilevato che, “una volta accertata l’effettività della sostituzione della dirigente con l’amministratore delegato nonché l’economicità della scelta datoriale, la decisione non poteva essere valutata nel merito trattandosi di scelta economico-organizzativa del datore di lavoro insindacabile nei suoi profili di opportunità”. Il principio è attualmente cristallizzato dall’art. 30, co. 1, L. n. 183/2010 (come mod. dall’art. art.1, co. 43, della L. n. 92/2012, c.d. legge Fornero), secondo cui: “ In tutti i casi nei quali le disposizioni di legge nelle materie di cui all’articolo 409 del codice di procedura civile e all’articolo 63, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, contengano clausole generali, ivi comprese le norme in tema di instaurazione di un rapporto di lavoro, esercizio dei poteri datoriali, trasferimento di azienda e recesso, il controllo giudiziale è limitato esclusivamente, in conformità ai princìpi generali dell’ordinamento, all’accertamento del presupposto di legittimità e non può essere esteso al sindacato di merito sulle valutazioni tecniche, organizzative e produttive che competono al datore di lavoro o al committente. L’inosservanza delle disposizioni di cui al precedente periodo, in materia di limiti al sindacato di merito sulle valutazioni tecniche, organizzative e produttive che competono al datore di lavoro, costituisce motivo di impugnazione per violazione di norme di diritto”.