Al dipendente pubblico, già “vittima del dovere”, non può non essere riconosciuta la causa di servizio.
Nota a TAR Sardegna, Sez. II, 27 febbraio 2019, n. 182
Sonia Gioia
In materia di benefici erogati in favore dei dipendenti statali, lo status di “vittima del dovere” costituisce condizione sufficiente per il riconoscimento delle erogazioni spettanti ai lavoratori divenuti infermi per causa di servizio. Ciò in quanto lo status di “vittima del dovere” “costituisce una species rientrante nel genus della ‘causa di servizio’, presentando caratteristiche peculiari e ‘ulteriori’ rispetto alla categoria generale”.
L’affermazione è del TAR Sardegna, Sez. II, 27 febbraio 2019, n. 182, che ha accolto il ricorso di un ex dipendente dell’Amministrazione penitenziaria avverso il provvedimento di diniego al riconoscimento della causa di servizio per problemi di salute adottato dal Ministero della Giustizia.
Nel caso di specie, l’ex agente di Polizia Penitenziaria, rimasto vittima per una settimana di un sequestro perpetrato da un gruppo di detenuti ergastolani, nel tentativo di evasione dal carcere di Porto Azzurro, aveva iniziato a soffrire di “nevrosi ansioso depressiva permanente”. Tale patologia era stata accertata dalla Commissione Medica di verifica (CMO), nel 1988 e nel 2011, quale diretta conseguenza dell’evento traumatico subìto e quantificata come invalidità permanente equivalente al 40%.
Il Ministero dell’Interno, pertanto, aveva riconosciuto al prestatore, ex L. n. 266/2005, lo status di “vittima del dovere”, con conseguente diritto alla liquidazione di una somma di denaro pari ad € 88.000.
Successivamente, il Ministero della Giustizia aveva rigettato la domanda “ordinaria” di dipendenza da causa di servizio, sulla base del Parere del Comitato di Verifica per le cause di servizio (CVCS), sostenendo che quell’infermità, generalmente scatenata da “situazioni contingenti che si innescano (…) su personalità predisposta”, non poteva ricollegarsi, neppure sotto il “profilo concausale efficiente”, ai fatti di servizio.
In merito, il Tribunale amministrativo ha ribadito che il concetto di vittima del dovere va tenuto distinto dalla causa di servizio, in quanto la circostanza che un’infermità o lesione sia riconosciuta dipendente da causa di servizio non costituisce elemento sufficiente per l’attribuzione degli ulteriori benefici spettanti alle vittime del dovere (tale status “si configura come forma e modello ‘rafforzato’ rispetto al generico riconoscimento della causa di servizio”, che ne costituisce il presupposto “non autosufficiente”).
In particolare, ai fini dell’accertamento della condizione di cui alla L. 266/2005, non basta un mero rapporto di occasionalità, ossia che l’evento letale o traumatico sia connesso all’espletamento dei servizi d’istituto, ma è necessario che via sia uno stretto rapporto di causalità esclusiva fra la lesione subita dal soggetto e uno specifico fatto dannoso verificatosi per effetto della peculiare e oggettiva pericolosità dell’operazione di servizio (V. Cons. Stato n. 5362/2016; Con. Stato nn. 3915 e 3916/2016; Cons. Stato n. 4259/2015).
Per il sorgere del diritto alla speciale elargizione prevista per le vittime del dovere, è, pertanto, richiesto un “quid pluris, ossia il riscontro di rischi ulteriori e più gravosi” che vanno al di là di quelli ordinariamente inerenti l’attività di istituto (V. art. 3, co. 2, L. n. 629/1973, aggiunto dall’art. 1, L. n. 466/1980).
Nel caso di specie, per un verso, era stato riconosciuto il vincolo di dipendenza “rafforzato” alla base del concetto di vittima del dovere, per altro, con parere “generico” e “del tutto scollegato alla realtà dei fatti”, veniva negata la mera dipendenza da causa di servizio della patologia. Il Tar, di conseguenza, ha condannato il Ministero della Giustizia a riprovvedere sull’istanza di riconoscimento della causa di servizio e relativo equo indennizzo, alla luce delle circostanze di fatto e diritto già riscontrate in sede di procedimento di riconoscimento dello status di “vittima del dovere”.