Il lavoratore che assiste una persona disabile ha diritto al trasferimento presso la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio anche quando tale esigenza sorga nel corso del rapporto di lavoro.
Nota a Cass. ord. 1 marzo 2019, n. 6150
Sonia Gioia
Il diritto del genitore o familiare lavoratore, “che assista con continuità un parente o un affine entro il terzo grado handicappato”, di scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio, “è applicabile non solo all’inizio del rapporto di lavoro mediante la scelta della sede ove viene svolta l’attività lavorativa, ma anche nel corso del rapporto mediante domanda di trasferimento. La ratio della norma è infatti quella di favorire l’assistenza al parente o affine handicappato ed è irrilevante, a tal fine, se tale esigenza sorga nel corso del rapporto o sia presente all’epoca dell’inizio del rapporto stesso” (art. 35, co. 5, L. n. 104/1992, come modificato dalla L. n. 53/2000, che ha eliminato il requisito della convivenza tra il lavoratore e il familiare handicappato, e dall’art. 24, L. n. 183/2010, che, intervenendo sull’art. 20, co. 1, L. n. 53/2000, ha eliminato i requisiti della “continuità ed esclusività” dell’assistenza).
Lo ha rilevato la Corte di Cassazione (ord.1 marzo 2019, n. 6150, che riforma App. Milano n. 292/2014 e conferma la sentenza di merito), mediante un’attenta analisi del co. 5 dell’art. 33, L. cit., il quale stabilisce che “il lavoratore di cui al co. 3 (il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste una persona con handicap in situazione di gravità) ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede”.
La disposizione costituisce uno strumento indiretto di tutela a vantaggio delle persone in condizione di handicap, che si concretizza nell’agevolazione del familiare lavoratore nella scelta della sede dove svolgere la propria attività di modo che quest’ultima risulti il più possibile compatibile con la funzione solidaristica di assistenza. E, come sottolinea la Corte, la previsione in oggetto rientra “nel novero delle agevolazioni e provvidenze riconosciute, quale espressione dello Stato sociale, in favore di coloro che si occupano dell’assistenza nei confronti di parenti disabili e ciò sul presupposto che il ruolo delle famiglie resta fondamentale nella cura e nell’assistenza dei soggetti portatori di handicap” (V. Corte Cost. n. 213/2016; Corte Cost. n. 203/2013; Corte Cost. n. 19/2009; Corte Cost. n. 158/2007; Corte Cost. n. 233/2005).
Secondo i giudici, “circoscrivere l’agevolazione in favore dei familiari della persona disabile al solo momento della scelta iniziale della sede di lavoro equivarrebbe a tagliare fuori dall’ambito di tutela tutti i casi di sopravvenute esigenze di assistenza, in modo del tutto irrazionale e con compromissione dei beni fondamentali richiamati” nelle predette pronunce della Corte Costituzionale.
L’assistenza del disabile anche tramite il soddisfacimento della sua esigenza di socializzazione, in tutte le modalità esplicative, costituisce un fattore fondamentale di sviluppo della personalità e un idoneo strumento di tutela della salute del portatore di handicap in situazione di gravità, titolare di un diritto alla integrità psico- fisica, sia come singolo che in quanto parte di una formazione sociale ossia (ex art. 2 Cost.) di “ogni forma di comunità, semplice o complessa, idonea a consentire e favorire il libero sviluppo della persona nella vita di relazione”, ivi compresa appunto la comunità familiare (Corte Cost. n. 213/2016, cit.; Corte Cost. n. 158/2007, cit.; Corte Cost. n. 350/2003).
Nello specifico, dal punto di vista letterale, la disposizione in esame non contiene un espresso e specifico riferimento alla opzione iniziale della sede lavorativa e risulta pertanto applicabile anche alla scelta della sede di lavoro attuata nel corso del rapporto, attraverso la domanda di trasferimento; “né la dizione letterale adoperata nel citato co. 5 dell’art. 33 implica la preesistenza dell’assistenza in favore del familiare rispetto alla scelta della sede lavorativa (anche a seguito di trasferimento), in quanto al lavoratore è riconosciuto il diritto di scegliere la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere, non necessariamente già assistita”.