Il superamento del limite degli otto buoni pasto non incide sulla irrilevanza degli stessi ai fini Irpef.
Nota a AdE, Principio di Diritto 12 febbraio 2019, n. 6
Stefano Quaranta
Il divieto di cumulo oltre il limite di utilizzo massimo di buoni pasto, fissato dall’art. 4, co. 1, lett. d), D.M. n. 122/2017, non incide, ai fini Irpef, sui limiti di esenzione dal reddito di lavoro dipendente previsti dall’art. 51, co.a 2, lett. c), D.P.R. n. 917/1986.
Il principio di diritto è stato stabilito dall’Agenzia delle Entrate (12 febbraio 2019, n. 6) la quale ha analizzato le interrelazioni tra le due norme.
Da una parte, infatti, l’art. 4 del D.M. n. 122/2017, stabilisce che i buoni pasto non sono cumulabili oltre il limite di 8 buoni.
Da un’altra, il menzionato art. 51, stabilisce, invece, la non concorrenza alla formazione del reddito del lavoro dipendente, tra gli altri, delle somministrazioni di vitto da parte del datore di lavoro, nonché di quelle in mense organizzate direttamente dal datore di lavoro o gestite da terzi, o, fino all’importo complessivo giornaliero di euro 5,29, aumentato a euro 7 nel caso in cui le stesse siano rese in forma elettronica, delle prestazioni e delle indennità sostitutive corrisposte agli addetti ai cantieri edili, ad altre strutture lavorative a carattere temporaneo o ad unità produttive ubicate in zone dove manchino strutture o servizi di ristorazione.
Con il Principio di Diritto in esame, l’Agenzia ha ritenuto irrilevante l’eventuale superamento del limite numerico di 8 buoni pasto, ritenendo quindi che la non concorrenza alla formazione del reddito di lavoro dipendente (ed assimilato) delle prestazioni sostitutive di mensa aziendale erogate sotto forma di buoni pasto opera solo nei limiti stabiliti dal citato art. 51, a prescindere dal numero di buoni utilizzati. Il datore di lavoro sarà, dunque, tenuto di conseguenza alla verifica di detti limiti di esenzione rispetto al valore nominale dei buoni erogati.