A cura di M.N. Bettini con la collaborazione di: Francesco Belmonte e Sonia Gioia
La legge (art. 5, L. 23 luglio 1991, n. 223) prescrive al datore di lavoro di individuare i lavoratori da licenziare per riduzione di personale, in relazione alle esigenze tecnico produttive e organizzative relative all’intero complesso aziendale, solo ed esclusivamente in base a specifici criteri di scelta; scelta che viene meno, nell’ipotesi di cessazione totale dell’attività, salvo che non si debbano individuare alcuni lavoratori da utilizzare ancora nella fase di liquidazione.
L’individuazione del personale in eccedenza si opera in relazione alle esigenze tecnico produttive enunciate dal datore di lavoro con la comunicazione di cui all’art. 4, co.1, L. 23 luglio 1991, n. 223 ed è strettamente connessa al progetto di riduzione enunciato nella lettera di avvio della procedura di riduzione del personale. Le esigenze in questione devono essere puntualmente allegate e comprovate dal datore di lavoro stesso (in via esemplificativa, il frazionamento aziendale effettuato da una società per aggirare la normativa sui licenziamenti collettivi costituisce un negozio in frode alla legge – v. Cass. 7 agosto 2018, n. 20620, annotata in questo sito da A. LARDARO, La scissione aziendale realizzata per eludere la normativa sui licenziamenti collettivi è Illecita).
L’individuazione dei lavoratori da licenziare non è dunque libera, dovendo rispettare, a pena di invalidità del licenziamento (art. 5, co. 3, L. cit.) e con onere della prova a carico del datore di lavoro (Cass. 15 febbraio 2001, n. 2188, FI, 2001, I, 1566), i criteri previsti dai contratti collettivi (Cass. 10 giugno 1999, n. 5718, RIDL, 2000, II, 189, con nota di L. CORAZZA; Ambito di comparazione e criteri di scelta: osservazioni sulla coerenza degli accordi ex art. 5, l. n. 223/1991) o, in mancanza, quelli sanciti dalla legge (art. 5, co.1, L. cit.), che hanno pertanto solo una funzione meramente suppletiva. Grava invece sul lavoratore che abbia impugnato il licenziamento l’onere di dimostrare l’illegittimità della scelta attuata dall’impresa (Cass. 3 febbraio 2016, n. 2113, GI, 2016, 644, con nota di L. FOGLIA, Il sindacato di legittimità della procedura di licenziamento collettivo alla luce delle nuove regole processuali); nel senso che qualora si invochi una violazione dei criteri di scelta incombe sul lavoratore “l’onere di indicare il risultato vantaggioso conseguibile all’esito del corretto procedimento di selezione, precisando il nominativo delle persone che sarebbero dovute essere licenziate” e specificando in base a quale criterio “falsamente applicato ciò sarebbe dovuto avvenire” (Trib. Civitavecchia 7 giugno 2016, RGL, 2017, II, 96 (M) e 4 agosto 2015, ivi, 97 con nota di E. RAIMONDI, Licenziamenti collettivi e conseguenze sanzionatorie dopo la riforma
Fissazione dei criteri di scelta. I criteri di scelta dei lavoratori da licenziare sono stabiliti, “in relazione alle esigenze tecnico-produttive ed organizzative del complesso aziendale” (art. 5, co.1, L. cit.), dai ccnl stipulati con i sindacati di cui all’art. 4, co. 2, L. cit. (rappresentanze sindacali aziendali costituite ai sensi dell’art. 19 Stat. Lav., nonché le rispettive associazioni di categoria o, in mancanza delle predette rappresentanze, associazioni di categoria aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale) ovvero, in assenza di tali contratti, “nel rispetto dei seguenti criteri legali in concorso fra loro: a) carichi di famiglia; b) anzianità; c) ed esigenze tecnico-produttive e organizzative” (art. 5, co.1, L. cit.). Fra le esigenze tecnico produttive rientra anche la disponibilità manifestata dal lavoratore a prestare la propria attività in settori diversi e la vicinanza della residenza del lavoratore stesso al luogo di lavoro, che riduca i costi aziendali: v. Cass. 1 settembre 2004, n. 17556, GLav., 2004, n. 45, 52.
Concorso di criteri e criterio unico. Per l’indirizzo giurisprudenziale prevalente, la regola del concorso dei criteri, se impone al datore di lavoro una valutazione globale dei medesimi, non esclude una possibile, ragionevole prevalenza di un criterio sugli altri due.
Il risultato comparativo può cioè accordare prevalenza ad uno dei criteri elencati (all’art. 5, co.1, L. cit) : “a) carichi di famiglia; b) anzianità; c) ed esigenze tecnico-produttive e organizzative”, “in relazione alle esigenze tecnico-produttive ed organizzative del complesso aziendale”) e, in particolare, alle esigenze tecnico-produttive, essendo questo il criterio più coerente con le finalità perseguite attraverso la riduzione del personale, “sempre che naturalmente una scelta siffatta trovi giustificazione in fattori obiettivi, la cui esistenza sia provata in concreto dal datore di lavoro e non sottenda intenti elusivi o ragioni discriminatorie” (Cass. 10 settembre 2018, n. 21964, annotata in questo sito da P. PIZZUTI, Licenziamento collettivo per riduzione di personale e comunicazione al sindacato; Cass. 28 ottobre 2009, n. 22824, OGL, 2009, 767 e Cass. n. 11866/2006; nel senso che l’azienda può anche indicare un unico criterio di scelta, purché idoneo a formare una graduatoria rigida ed a consentire ai lavoratori di comprendere ed eventualmente contestare le ragioni del licenziamento, Cass. 24 ottobre 2017, n. 25152, annotata in questo sito da G. CATANZARO, Licenziamento collettivo e criterio di scelta unico). Ciò, purché sia in caso di molteplici criteri che di criterio di scelta unico, il datore di lavoro specifichi le modalità applicative di modo che la comunicazione dei medesimi sia idonea a “mettere in grado il lavoratore di comprendere per quale ragione lui, e non altri colleghi, sia stato posto in mobilità o licenziato e quindi di poter contestare il recesso datoriale”.
L’art. 5, co. 1, L. cit., opera dunque un duplice richiamo alle esigenze tecnico produttive ed organizzative e, qualora manchi l’accordo sindacale, secondo la giurisprudenza, i criteri di legge devono essere osservati in concorso tra loro. In tal caso, il datore di lavoro è tenuto ad una valutazione globale dei criteri stessi, anche se il risultato comparativo può “accordare prevalenza ad uno solo di detti criteri e, in particolare, alle esigenze tecniche e produttive, essendo questo il criterio più coerente con le finalità perseguite attraverso la riduzione di personale, sempre che naturalmente una scelta siffatta trovi giustificazione in fattori obiettivi, la cui esistenza sia provata in concreto dal datore di lavoro e non sottenda intenti elusivi o ragioni discriminatorie” (Cass. 15 febbraio 2001, n. 2188, FI, I, 1566; v. anche Cass.19 maggio 2006, n. 11886).
Non necessaria predeterminazione dei criteri nella comunicazione al sindacato. I criteri di scelta dei lavoratori destinatari di un licenziamento collettivo per riduzione di personale non vanno necessariamente predeterminati nella comunicazione al sindacato circa la riduzione di personale, ma sono stabiliti dall’accordo sindacale o, sussidiariamente, dalla legge; “solo la violazione dei criteri individuati da tali fonti può determinare l’illegittimità del recesso e non certo la divergenza rispetto ad eventuali criteri preannunciati nella comunicazione di apertura, ove non siano stati espressamente trasfusi nell’accordo sindacale o nella comunicazione ex art. 4, co. 9, I. n. 223 del 1991” (Così, Cass. 10 settembre 2018, n. 21964, cit.). “L’imprenditore può dunque limitarsi all’indicazione del numero complessivo dei lavoratori eccedenti, suddiviso tra i diversi profili professionali previsti dalla classificazione del personale occupato nell’azienda, senza che occorra l’indicazione degli uffici o reparti con eccedenza” (in termini: Cass. n. 21718/2018). E l’eventuale divergenza nel numero degli esuberi tra comunicazione preventiva e comunicazione finale (ex art. 4, co. 9, L. cit.) “non costituisce di per sé ragione di illegittimità della risoluzione del singolo rapporto individuale di lavoro, potendo essa rappresentare proprio il frutto della procedura prevista dalla legge” (Cass. 21 settembre 2016, n. 18504).
Per l’eventuale accordo collettivo sui criteri di scelta, la Corte costituzionale (30 giugno 1994, n. 268, DL, 1994, II, 160, con nota di M. N. BETTINI, Accordi sindacali sui criteri di scelta dei lavoratori in mobilità; MGL, 1994, 473, con nota di G. MANNACIO, Legittimità costituzionale della normativa sui contrati collettivi che individuano i criteri di scelta dei lavoratori da collocare in mobilità) ha dato risposta affermativa circa la questione della efficacia generale al fine di poterli utilmente applicare a tutti i lavoratori coinvolti, compresi quelli dissenzienti non rappresentati dai sindacati stipulanti.