Il trasferimento strumentale del lavoratore in un reparto da sopprimere costituisce esercizio arbitrario del potere di selezionare il personale da licenziare e, in quanto tale, determina l’insussistenza del fatto materiale posto a fondamento del licenziamento per motivi oggettivi e vincola il giudice al riconoscimento della tutela reintegratoria.
Nota a Cass. 13 marzo 2019, n. 7167
Arturo Serra
Il licenziamento di una lavoratrice trasferita strumentalmente in un reparto che deve essere soppresso è illegittimo. La soppressione, palesemente artificiosa, del reparto, come presupposto per il licenziamento della dipendente, determina, infatti, il venir meno del fatto posto a fondamento del licenziamento per giustificato motivo. Pertanto, la lavoratrice ha diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro precedentemente occupato, oltre al pagamento dell’indennità risarcitoria, ai sensi dell’art. 18 co. 4, Stat. Lav., come modificato della L. n. 92/2012, piuttosto che alla sola tutela risarcitoria di cui al co. 5. della disposizione statutaria.
È quanto stabilito dalla Suprema Corte (13 marzo 2019, n. 7167), secondo cui non sussiste alcun potere discrezionale in capo al giudice nella scelta della tutela da adottare, dovendosi applicare necessariamente il citato co. 4, art. 18 nei casi in cui si accerti la manifesta insussistenza del fatto a fondamento del licenziamento per giustificato motivo.
In tal modo è stata definitivamente superata la teoria (fondata sull’interpretazione letterale della norma che recita “può altresì applicare”), secondo cui il giudice ha la possibilità di scegliere tra tutela risarcitoria o alternativamente reintegratoria, nell’ipotesi di illegittimo licenziamento del lavoratore per giustificato motivo oggettivo.
La Suprema Corte, inoltre, nella pronuncia in esame, fornisce una ricostruzione utile circa l’indagine che il Giudice di merito deve compiere al fine di stabilire se un licenziamento per giustificato motivo oggettivo sia o meno caratterizzato dal requisito della “manifesta insussistenza del fatto”. Tale accertamento deve dividersi in due fasi: nella prima, il Giudice è chiamato a verificare se sussistano astrattamente tutti i requisiti che giustifichino il licenziamento per motivi oggettivi, mentre, nella seconda fase, egli deve appurare se, nello specifico caso concreto, sussistano circostanze di fatto tali da ritenere manifestamente insussistenti quei medesimi presupposti del licenziamento.
Nel caso di specie, il riassetto organizzativo e produttivo dell’impresa era effettivamente sussistente, però, dall’analisi della fattispecie concreta, non risultava alcun nesso tra il reparto oggetto di soppressione e la lavoratrice destinataria indirettamente del provvedimento, la quale era stata trasferita in quel reparto solo pochi mesi prima rispetto alla cessazione. Era palese, pertanto, l’intento del datore di trasferire la lavoratrice nel nuovo reparto solo per utilizzare l’imminente chiusura dello stesso quale pretesto utile al licenziamento.