Nell’ipotesi di svolgimento effettivo di una prestazione a tempo pieno è ammessa la trasformazione del lavoro a tempo parziale per fatti concludenti.
Nota a Cass. (ord.) 28 marzo 2019, n. 8658
Andrej Evangelista
Nel rapporto di lavoro a tempo parziale (D.LGS. n. 81/2015, art. 4 ss.) vi è una netta differenza fra la prestazione flessibile, così come risulta dalla previsione delle c.d. clausole elastiche, e l’osservanza di fatto di un orario a tempo pieno, il quale giustifica l’automatica trasformazione del rapporto di lavoro per sopraggiunta volontà delle parti in tal senso.
Così si è espressa la Corte di Cassazione (ord. 28 marzo 2019, n. 8658) la quale, accogliendo il ricorso di un lavoratore avverso App. Bologna 18 marzo 2014, ha precisato che, sebbene il superamento del monte ore massimo previsto dalla contrattazione collettiva per il lavoro a tempo parziale (in mancanza di previsione legale o contrattuale collettiva) non determini la trasformazione del rapporto in lavoro a tempo pieno, è comunque possibile che, “a causa della continua prestazione di un orario pari a quello previsto per il lavoro a tempo pieno, possa ritenersi che la trasformazione si sia verificata per fatti concludenti, trattandosi di una prestazione di un orario maggiore, tale da far venir meno la scelta contrattuale iniziale di un orario parziale, superabile solo in determinate circostanze”.
Tale circostanza ricorre, ad esempio, quando vi sia:
1) continuità di lavoro;
2) programmazione degli orari supplementari elevati, una costante reperibilità, carenze strutturali dell’organico e, dunque, una prestazione divenuta a tempo pieno.
Ammettono la trasformazione per fatti concludenti con diritto alle retribuzioni per la prestazione a tempo pieno effettivamente svolta, Cass. n. 15774/2011 e Cass. n. 25891/ 2008.